Ultimatum ai turisti: «Via dall Egitto»
Tre turisti sudcoreani su un bus erano stati uccisi con il loro autista da un kamikaze nel Sinai, nella cittadina di Taba al confine con Israele. Ieri l'allarme è salito ulteriormente di tono: il gruppo qaedista Ansar Beit Al Maqdis, autore dell'attentato di tre giorni fa e basato nella stessa penisola tra Europa e Asia, fuori da ogni controllo delle autorità egiziane, ha lanciato un ultimatum di 48 ore: «Raccomandiamo ai turisti di lasciare in sicurezza il Paese prima della scadenza fissata per giovedì», si leggeva in inglese. «La strage di Taba compiuta da uno dei nostri eroi è stata solo un avvertimento».
Gli Ansar, i Partigiani di Gerusalemme che dopo la deposizione del raìs islamico Mohammed Morsi hanno ridiretto la loro strategia di morte da obiettivi israeliani al nuovo «regime usurpatore» egiziano, uccidendo centinaia di poliziotti e soldati, hanno negato di utilizzare i social network. Ma in passato avevano già usato Twitter per rivendicare le loro azioni e lanciare messaggi. E il governo ad interim del Cairo ieri sera ha dichiarato alla Bbc di ritenere seria la minaccia. E di dare credito a quell'ultimatum.
«Non sottovalutiamo le minacce ma siamo in contatto costante con il ministero del Turismo egiziano e abbiamo rassicurazioni che il governo del Cairo sta tenendo sotto controllo la situazione», ha dichiarato Fortunato Giovannoni, presidente della Federazione italiana del turismo Fiavet. «Consigliamo ai nostri turisti di rimanere nelle strutture ed evitare escursioni fuori dai resort perché sono pericolose», ha aggiunto, chiedendo loro di «proseguire la loro settimana con tranquillità». Sarebbero 7/8 mila gli italiani in vacanza sul Mar Rosso e nell'enclave di Sharm El Sheikh, sulla punta meridionale del Sinai: dal golpe di luglio quasi nessuno ha scelto per meta il Cairo e le altre città dove gli scontri tra forze dell'ordine e sostenitori del raìs deposto non si sono mai fermati, con migliaia di morti. In luoghi come Luxor o Abu Simbel, una volta sommersi da fiumi di stranieri, si va in giornata e in convoglio, sotto scorta. E la maggior parte rinuncia a visitarli.
Già dopo la rivoluzione del 2011 il turismo era crollato in Egitto, privando molti stranieri di un viaggio speciale ma soprattutto il più grande Paese arabo di entrate vitali e lasciando senza lavoro, o quasi, milioni di persone. Nel 2012 il settore aveva iniziato a riprendersi, per poi crollare di nuovo. «Il 2013, con 9,5 milioni di presenze e 6 miliardi di dollari di entrate ovvero la metà del 2010, è stato l'anno peggiore in assoluto della nostra storia», ha detto il ministro del Turismo Hisham Zazou. Segnalando però una lenta ripresa a partire da settembre. E le previsioni degli esperti del settore erano in fondo ottimiste.
Perfino dopo l'attacco di domenica i tour operator occidentali ipotizzavano un calo limitato al 20% e temporaneo. Perché in Egitto, già in passato, ci sono stati periodici attacchi agli stranieri, da quello mai scordato del 1997 a Luxor (58 turisti uccisi) ai più recenti come a Dahab, nel 2006 (23 vittime). Il fascino del Paese poi torna a prevalere. Ma è difficile dire questa volta quanto tempo ci vorrà: nonostante la repressione massiccia, le proteste antigolpe non si fermano, rendendo le città off limits per gli stranieri. E i qaedisti del Sinai stanno alzando il tono dello scontro senza trovare, per ora, nessun vero ostacolo alla loro jihad. - Fonte: Corriere della Sera (di Cecilia Zecchinelli)