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Ultima «chiamata» per gli aerei italiani. La sfida dei costi

Ultima «chiamata» per gli aerei italiani. La sfida dei costi

Nell'estate del 2013 la siciliana Windjet lasciò aerei e passeggeri a terra, tra polemiche e carte bollate. Quest'anno si chiude con altre crisi drammatiche, e un altro malato terminale ha smesso di volare: Livingston. Un interrogativo viene spontaneo: possibile che tutto il trasporto aereo italiano sia votato al fallimento? Possibile che tutti gli imprenditori e i manager siano degli incapaci? Se un intero comparto industriale non ce la fa, la risposta va cercata oltre le singole aziende; e su questo il legislatore e le autorità aeronautiche dovrebbero fare una riflessione. In Italia i casi di successo sono due soltanto: Air Dolomiti, alla quale il fondatore Alcide Leali diede una fisionomia tale che gli permise, al massimo delle potenzialità, di venderla a Lufthansa; e Neos, la compagnia charter-linea del gruppo Alpitour, di cui diremo poi.

Meridiana, seconda compagnia italiana, 4 milioni di passeggeri, 21 aerei di breve e lungo raggio, è alle prese con una ristrutturazione da lacrime e sangue. Dei 1.634 esuberi dichiarati, solo circa 300 se ne stanno andando volontariamente. In gennaio il nuovo piano industriale traccerà il futuro, che sarà contraddistinto da una drastica riduzione del perimetro e dei servizi, e da un ritorno alle origini: il traffico tra Sardegna e Continente, che beneficia anche dei finanziamenti pubblici per la continuità territoriale. Livingston, come dicevamo, ha lasciato a terra i suoi 3 aerei in ottobre. Rilevata per un euro nel 2011 dal trentaduenne Riccardo Toto, figlio di Carlo (Air One), era al terzo tentativo di sopravvivenza (in origine era stata Lauda Italia, quindi passò al gruppo Ventaglio, poi fallito). Gli obiettivi non sono stati raggiunti, i 170 dipendenti aspettano il dovuto e sperano ancora nella cassa integrazione. Un non meglio identificato compratore svizzero si è dileguato - pare - dopo aver individuato più perdite del previsto.

Blue Panorama, 2 milioni di passeggeri all'anno, dopo due anni di concordato in continuità oggi è in amministrazione straordinaria; il commissario, un avvocato, ha chiesto la consulenza del fondatore, Franco Pecci. Lo sbocco tipico di un'amministrazione straordiaria è la cessione del complesso aziendale. La compagnia è stata ristrutturata, gli aerei sono scesi a 8 (3 di lungo raggio), e l'incidenza del costo del lavoro è stata portata sotto al 10% dei costi, meno della metà del mercato; per i 480 dipendenti non c'è stato ricorso nè alla cassa integrazione nè ad altri ammortizzatori. La quota di voli charter è stata portata al 25%, dando maggiore spazio alla linea. La situazione è delicata, ma i presupposti per la sopravvivenza (ovvero per l'arrivo di un investitore) ci sono.

Infine Neos, del gruppo Alpitour, è l'unica compagnia italiana a godere di buona salute. Il segreto è il modello di business: circa la metà dell'1,15 milioni di passeggeri proviene dalla controllante, mentre l'altra metà viene dal mercato, altri operatori o passeggeri singoli. Questo permette di calibrare rischi e guadagni, riempiendo bene gli aerei e alimentando così aspettative positive. Neos, che oggi ha 9 aerei di cui 3 di lungo raggio, ha ordinato due Boeing 787 da 300 posti, in consegna dal 2018: è il velivolo più avanzato sul mercato, che, grazie a materiali e aerodinamica, permette risparmi del 30%. - Fonte: Il Giornale (di Paolo Stefanato)