Turismo medico, affare da 70 miliardi
Spostamenti aerei sempre meno cari, crisi economica, e lo scardinamento di alcuni pregiudizi culturali stanno determinando un’impennata del turismo medico, ormai non più un fenomeno ma una riconosciuta sezione del business turistico in tutto il mondo. A livello globale il giro d’affari è di 70 miliardi di dollari: stando a quanto riportato dall’Italian Association for Medical Tourism Development, si stima che nel 2017 saranno 15 milioni i pazienti che ricorreranno a un trattamento all’estero.
Le aree individuabili del turismo medico sono fondamentalmente quattro: quella della malattia, caratterizzata da servizi di diagnostica, interventi chirurgici urgenti, servizi odontoiatrici; del miglioramento, che riguarda la chirurgia plastica, di riproduzione e benessere.
A determinare la maggior parte dei flussi di mobilità dei clienti sono molte variabili: dalla qualità dei trattamenti e delle prestazioni erogate, al più completo accesso alla prestazione sanitaria; dall’assenza di liste di attesa alla possibilità di associare la soddisfazione di un itinerario turistico-culturale; fino al prezzo e, in casi di interventi come la chirurgia plastica, la riservatezza.
Secondo i principali operatori di turismo medico che si sono incontrati a Fitur – dove per il secondo anno è stata dedicata alla salute una sezione ad hoc – questo mercato ha un potenziale di crescita annuale del 20%: nel 2015 proprio in Spagna si calcola che il settore abbia mosso nel paese 500 milioni di euro e per il 2019 le stime prevedono si arrivi a 600 milioni. La stessa fiera di Madrid ha notato un incremento del 50% degli espositori legati a benessere e salute con 25 stand in totale rispetto ai 12 dell’anno precedente.
Obiettivo della penisola iberica è rafforzare ulteriormente la sua posizione in questo mercato, come confermato dal vicepresidente del cluster del turismo medico Spaincare, Miguel Mirones, secondo il quale «la Spagna sta definendo un modello pionieristico di turismo medico, che consiste nell’alleanza strategica tra il settore turistico e quello sanitario. E per il futuro bisognerà essere presenti in paesi come Emirati Arabi e Russia ma anche in alcuni posti in Europa, la Francia in primis».
Scenario completamente diverso in Italia, dove marcia spedito il bacino outbound con 340mila italiani che hanno lasciato i confini nazionali per curarsi nel 2014, mentre l’inbound vede solo poche migliaia di stranieri l’anno arrivare nella Penisola per scopi curativi. E questo non perché i prezzi della sanità italiana non siano competitivi, ma piuttosto perché le cliniche nostrane non hanno capito ancora l’importanza di fare marketing in questo settore.
A pensarla così è Stefano Urbani, fondatore di Turismo Medico Italia, società di consulenza tailor made per le cliniche, ma anche di intermediazione per coloro che vogliano partire dall’Italia per curarsi altrove. «Con il Politecnico di Milano lavoriamo a una ricerca sull’attrattività dell’Italia – dice Urbani – ma manca una visione strutturata anche sul turismo medico regionale. Per il futuro sarà importante promuoversi in Cina, Medio Oriente, Asia e Russia». - di Valentina Neri - Fonte: L'AgenziaDiViaggi.it