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Tripadvisor, Expedia e Booking sono stati costretti a rispettare le regole della veridicità e della concorrenza

Tripadvisor, Expedia e Booking sono stati costretti a rispettare le regole della veridicità e della concorrenza

E invece no, perché sono due notizie che certificano, con chiarezza, come ormai anche il mercato on-line sia un mercato puro e semplice, come tutti gli altri, cioè con tutti i vizi e i difetti che ciò comporta, e non «la città del sole», o il paradiso del consumatore. Che in un mercato emergano i «furbi» e che qualcuno gli tagli le unghie, è solo il segno salubre di una graduale anche se mai completa maturazione del mercato stesso. Ma proviamo a capire meglio cosa sta succedendo. Il dato di partenza è che il settore del turismo è da ormai una decina d'anni quello nel quale la locusta del web ha demolito la vecchia catena dell'intermediazione (con i suoi maggiori costi, le sue lentezze, le sue furbate ma anche la sua sapienza consulenziale), riservando il bottino agli operatori on-line e azzerando un interno settore economico, quello delle agenzie di viaggio.

Oggi si scelgono e si prenotano on-line la maggior parte dei viaggi dei soggiorni in hotel o in bed and breakfast e dei pasti in ristorante. Questo dà ai siti leader del settore un enorme potere contrattuale. Tripadvisor è una specie di social network dove liberamente gli avventori dei ristoranti esprimono la loro valutazione sulla qualità dell'esercizio che hanno visitato. Ma possono farlo, ovviamente, anche per interesse. Si è scoperto che in alcuni casi era così: come peraltro accadeva da sempre, con le guide gastronomiche e le critiche turistiche tradizionali sui giornali tradizionali. E questo conta: le «mele marce» ci sono ovunque ci sia un giudizio di
pubblica rilevanza.

Che il giudizio in uente sia rimesso a una casta più o meno ristretta (quella dei critici) o sia aperto a tutti, è poco rilevante, perchè anche nella platea più vasta dei navigatori che danno i loro giudizi è facile, per chi voglia e sappia farlo, ritagliare un plotone di recensori interessati che vendono i loro pareri a fini pubblicitari. Marchette ben cammuffate, insomma. Questo è emerso e nulla toglie al valore complessivo del fenomeno Tripadvisor, sarebbe meglio se le recensioni potessero essere fatte solo da chi ha mangiato realmente e pagato il pasto, ma tant'è: l'importante è che nessuno le consideri più oro colato. TripAdvisor dovrà pagare 500mila euro perché, nel pubblicizzare la propria attività, ha enfatizzato «il carattere autentico e genuino delle recensioni, inducendo così i consumatori a ritenere che le informazioni siano sempre attendibili, espressione di reali esperienze turistiche».

Diverso il caso di Booking ed Expedia, perché questi due colossi (tra tutte e due fatturano circa 80 miliardi di euro nel mondo!) offrono servizi on-line e stavano prendendo la cattiva abitudine - questo è stato l'assunto da cui è partita l'istruttoria - di approfi ttare della loro posizione di dominio per imporre agli esercenti prezzi e condizioni lesive della loro libera iniziativa. In particolare, sembrano vincolare «le strutture ricettive a non offrire i propri servizi alberghieri a prezzi e condizioni migliori tramite altre agenzie di prenotazione online, e in generale, tramite qualsiasi altro canale di prenotazione (siti web degli alberghi compresi)».

L'istruttoria si concuderà entro luglio 2015. Ma intanto, e questo è l'elemento nuovo, i due big dovranno assumere degli impegni precisi e rispettarli, sui temi oggetto dell'istruttoria stessa, se non vorranno essere sanzionati. Leadership di mercato va bene, bravi; ma approfittarne oltre il dovuto non è corretto neanche sul web... - Fonte: ItaliaOggi (di Sergio Luciano)