Tra le pagine che raccontano il viaggio
Milecinquecento miliardi di dollari: questo nel 2015, stando alla World Tourism Organization, l'ammontare complessivo dei ricavi del turismo. Cioè il 10% del PIL mondiale. Se nel 1950 i turisti erano 25 milioni, nel 2015 sarebbero stati un miliardo e 200 milioni. Insomma pare proprio che, come dice riportando questi dati Marco d'Eramo nel Selfie del mondo (Feltrinelli 2017), quella turistica sia «la più importante industria di questo nuovo secolo». Secondo Domenico De Masi, la «turistizzazione» del mondo è un segno dell'avvento della società postindustriale, che alla «produzione di beni» ha sostituito quella delle «emozioni», così passando da un'«economia del lavoro» a quella del «tempo libero» (ma il suo ottimismo umanistico è revocato in dubbio proprio da d'Eramo, fra gli esperti chiamati a prevedere come sarà il turismo nel 2030 - nella ricerca sociologica illustrata nel suo L'età dell'erranza: Marsilio, 573 pagg., € 22).
A fronte di un fenomeno di tale portata, è curioso che sino appunto a d'Eramo mancassero da noi studi culturali, della «rivoluzione turistica», accostabili a classici anglosassoni come quelli di Dean McCannell, Paul Fussell, Eric Leed, John Urry e James Buzard. Dipenderà dal fatto che, storicamente, la nostra è la terra dove i turisti vengono; mentre da quelle britanniche, per lo più, partono. Dai tempi del Grand Tour, l'Italia e l'Europa hanno intrattenuto anzitutto questa relazione - testimoniata dalle opere di scrittori come Montaigne, Goethe e Stendhal: una tradizione che, questa sì, conosce da noi importanti studiosi (da Attilio Brilli a Cesare De Seta).
Da un certo punto in avanti i turisti hanno voluto prepararsi, prima di partire, anche leggendo. Se un giro di vite - quello che consente di parlare di «turismo» nel senso odierno, prendendo il posto del Grand Tour come questo era seguito al pellegrinaggio religioso - è rappresentato dall'invenzione (da parte sempre di un inglese, Thomas Cook, nel 1840) del «pacchetto turistico», cioè del viaggio organizzato come merce seriale, questo viene accompagnato da un nuovo genere di libro, appunto la «guida turistica». In Germania Karl Baedeker (che la designerà per antonomasia), in Inghilterra John Murray e in Francia Adolphe Joanne (archetipo delle Guides bleus) impongono un format che resiste sino ad oggi. E che incarna quello che, con Jonathan Culler e Pierre Bourdieu, potremmo chiamare il paradosso del turista . D'Eramo lo sintetizza così: «come Groucho Marx che non s'iscriverebbe mai a un club in cui lui fosse invitato, così, arrivato in un posto, il turista si lamenta perché, dice, "qui sono arrivati i turisti"». Per dirla con uno scrittore intelligente (e naturalmente inglese), Evelyn Waugh, «il turista è l'altro tizio» che ci impalla la vista (o, oggi, l'obiettivo dell'i-phone) - mentre noi, beninteso, impalliamo la sua. Se la parola «turista» è attestata nei dizionari dagli anni Ottanta del XVIII secolo, già nel 1799 William Wordsworth esclamava: «Da questi turisti ci protegga il cielo!».
Il paradosso è che fu proprio lui il primo a fare exploitation della sua stessa leggenda letteraria (il «Lake District», dove lui e Coleridge avevano ambientato nel 1798 le Lyrical Ballads, era già un'attrazione turistica), pubblicando in forma anonima, nel 1810, una fortunata Guide to the Lakes che si può considerare la prima «guida letteraria» della storia.
Nel 1844 Wordsworth descriverà come una catastrofe la linea ferroviaria Kendal-Wintermere, che cancellava la «separazione e riservatezza» di quei luoghi. Chi la fa l'aspetti!
Nei casi migliori la «guida letteraria» - che si afferma col Literary Pilgrim di Edward Thomas, 1917 - è un combinato di geografia della memoria, erudizione letteraria e informazioni concrete per ogni aspirante «pellegrino». Esemplare insuperato resta la Guida letteraria dell'Italia dei coniugi tedeschi Doris e Arnold Maurer, pubblicata nel 1988 e tradotta da Giancarlo Pontiggia, per Vallardi, cinque anni dopo. Un autentico tesoro più volte ristampato, che per ogni città o borgo sperduto riporta tutto quello che c'è da sapere, distinguendo – per usare categorie di Nicola J. Watson - il «placing the Author» (i luoghi della sua biografia) dal « locating the Fictive» (i luoghi, cioè, interni alle sue opere).
Ultimo della serie (da Franco Cesati, pagg. 192, € 18) è il Viaggio in Italia della giovane Marialaura Simeone. Che, a prezzo di una discutibile grafica appunto "giovane" (che riporta molte illustrazioni nel format, peraltro vintage ormai, della Polaroid, e molti testi in una faticosa simulazione di grafia a mano), ha il merito di aggiornare il repertorio alle «leggende» più recenti, e dunque assenti nella Guida dei Maurer. E se tocca allora subire Carofiglio o qualche cantautore di troppo, piace incontrarvi i «luoghi» di Lussu e Rigoni Stern, Pasolini e Bianciardi, Caproni e DeLillo. L'autrice è una letterata, e si vede: da vera "infatuata" ci incoraggia a seguire le sue orme. Perché il turismo letterario è un virus, si trasmette per infezione. Esporsi è un piacere, ma può diventare un'ossessione: siete avvertiti!
Fonte = IL SOLE 24 ORE 06/01/2019