Torna a vivere il deserto di Bam
Venerdì sono partito da Roma per l'Iran, per una visita ufficiale che mi vedrà impegnato fino a oggi. La scorsa notte, dopo un lungo negoziato, abbiamo firmato un accordo che riapre la collaborazione nell'ambito dell'attività archeologica nei siti storici di Bam e Pasargade dove l'Italia mancava ormai da alcuni anni. Ora potremo finalmente tornare a consolidare un percorso di studio comune. In questa missione affascinante, coinvolgente e ricca di confronti e sensibilità, mi è stata data l'opportunità di incontrare alcune delle principali personalità culturali della vita politica iraniana, di visitare luoghi di rara bellezza e condividere riflessioni e idee con esperti e studiosi che hanno, come me, il privilegio di occuparsi della risorsa più preziosa di un Paese: il patrimonio culturale.
Dopo il viaggio del Ministro degli Esteri, Emma Bonino, nello scorso dicembre, la mia visita vuole proprio rafforzare la cooperazione fra l'Italia e l'Iran nel campo della cultura; ambito nel quale i nostri Paesi - nel lungo corso della loro storia - hanno espresso eccellenze universalmente apprezzate. Ed è proprio su questo terreno, consci di una straordinaria ricchezza comune, che è prioritario sviluppare il dialogo culturale, anche e soprattutto come strumento per una più approfondita conoscenza reciproca fra le nostre società. Intuizione che ebbe anche Khatami alla fine degli anni Novanta, quando propose alle Nazioni Unite di dedicare un anno - che l'Assemblea generale individuò nel 2001 - al dialogo tra le civiltà. Dialogo di cui l'Italia fu allora protagonista.
Del resto, la collaborazione fra Italia e Iran nel contesto della cultura non è mai venuta meno nel corso degli anni, con la presenza delle nostre missioni archeologiche: è grazie ai nostri ricercatori che tornarono a splendere Persepoli e Isfahan, fino al sito UNESCO della Cittadella di Bam dove l'Istituto Superiore per la Conservazione ed il Restauro ha partecipato ai lavori di recupero in seguito al terremoto del 2003. Ma la forza della cultura ha consentito di tener vivo lo scambio culturale nel cinema, nel teatro, nell'arte contemporanea. Anche la tradizione fotografica iraniana è antica: molti sono stati i fotografi italiani alla corte dei Qajar e recente è la pubblicazione dell'album fotografico della prima missione italiana in Persia, che ha avuto luogo nel 1862, appena un anno dopo la rivoluzione. Il cinema iraniano è stato più volte premiato nei Festival di Roma e Venezia e costante è stata la partecipazione di nostre compagnie teatrali al Festival internazionale Fajr a Teheran. Molte sono anche le opportunità legate allo sviluppo del turismo, a partire dalla decisione condivisa di voler sviluppare un modello comune di turismo culturale.
L'Iran dimostra di voler dare seguito all'entusiasmo e alle speranze che hanno accompagnato nel giugno 2013 l'elezione di Hassan Rohuani, impegnato con la sua squadra di ministri a realizzare una riforma graduale del sistema e a promuovere la legittimazione del Paese a livello internazionale, a cominciare dall'accordo di Ginevra sul programma nucleare dello scorso 24 novembre. In questo percorso di confidence building, l'Italia può tornare a rivestire un ruolo centrale per il dialogo e il confronto che era andato disperso negli ultimi decenni. La cultura ha lo straordinario potere di essere impronta distintiva dell'identità di un popolo e naturale spazio di confronto con realtà diverse, valore che arricchisce e fa crescere perché capace di trascendere i confini geografici. Forma alla conoscenza delle culture differenti, al rispetto reciproco, avvicina i popoli perché affonda le sue radici nelle grandi civiltà che hanno dato vita alla "saggezza degli antichi"; la cultura parla il linguaggio universale della bellezza. La sensibilità nei confronti della cultura unisce i Paesi, come ho riscontrato anche nei viaggi che in questi mesi di governo mi hanno portato in Giordania, Israele, Palestina e Cile; ma il modello delle relazioni così come lo abbiamo conosciuto nel Novecento appare insufficiente a gestire una qualunque forma di ordine internazionale. Va completamente ripensato se vogliamo garantire un futuro ai nostri figli e se vogliamo recuperare quel rapporto costruttivo e imprescindibile con i cittadini, rapporto che noi politici abbiamo troppe volte sottovalutato.
Il percorso sinora svolto in Iran è molto incoraggiante e su questo sentiero occorrerà proseguire per favorire un cambio di prospettiva dei rapporti: il dialogo con il Ministro della Cultura e con i viceministri è stato costruttivo e ha evidenziato la consapevolezza e la volontà di condividere questo percorso. Abbiamo deciso di definire un'agenda comune di impegni su cinema, musica, teatro, biblioteche, editoria, archeologia e turismo, consapevoli che una scelta coraggiosa di "apertura" e di dialogo garantirà ai nostri Paesi un percorso virtuoso di sviluppo e crescita culturale. Non abbiamo molto tempo per cambiare. Il digitale sta abbattendo tutte le barriere, crea rapporti liberi dall'intermediazione, come dimostra la conversazione pubblica via Twitter che ho avuto con il presidente della Repubblica iraniano Hassan Rouhani. In Iran oggi, come ha ricordato lo scrittore francese Régis Debray nell'articolo di domenica scorsa su Le Monde, ci sono più abbonati a Internet che in Turchia e più laureati che studenti. Una crescita esponenziale del livello di istruzione che, insieme alla crescita della popolazione, marca una differenza significativa e rappresenta un germoglio da coltivare. - Fonte: Corriere della Sera (di Massimo Bray)