Tassa di soggiorno. La fuga dei t.o. esteri
Così, i tour operator internazionali hanno detto basta: oltre 1 su quattro ha ridotto la programmazione dei tour in Italia, proprio per le difficoltà generate dalla diversa applicazione dell'imposta fra le località. Lo rivela l'Osservatorio nazionale sulla tassa di soggiorno realizzato da Jfc che ha lanciato un'indagine sia sui clienti finali, sia italiani che internazionali, sia sul sistema intermediato.
E se fra i clienti finali sono gli italiani, piuttosto che gli stranieri, a mostrare la maggiore contrarietà nel pagamento dell'imposta, fra i tour operator internazionali il giudizio è pressoché unanime: le destinazioni che inseriscono questo balzello lo fanno fuori tempo massimo e diventano antieconomiche. Quindi, è più facile portare i turisti in altri lidi.
I dati dell'Osservatorio sono estremamente significativi: praticamente la totalità dei t.o. (94 per cento) giudica incomprensibile nella sua formulazione l'imposta di soggiorno, con poca chiarezza e scarsa informazione sui comuni che applicano la tassa. Il 63 per cento sostiene che l'imposta ha creato danni economici all'azienda, che è andata a rosicchiare i suoi margini per accollarsi il pagamento del balzello e non farlo ricadere sui clienti, anche perché la decisione di applicare la tassa è arrivata ben oltre i tempi di programmazione. Il 42 per cento dei t.o. aveva già chiuso i cataloghi, con prezzi e tutto, quando è arrivata la doccia gelata.
A fronte di questi dati, il 28 per cento degli operatori ha dichiarato di aver ridotto la programmazione di tour in Italia: antieconomicità e confusione non fanno che creare danni. Anche e soprattutto d'immagine. Il problema primario oggi - dice l'amministratore unico di Jfc, Massimo Ferruzzi, - non è tanto l'applicazione dell'imposta in quanto tale, ma il fatto che venga applicata senza studiare apposite strategie per annullare lo spirito di de-feeling che la tassa può generare". - Fonte: TTG Italia sito web (di Cristina Peroglio)