'Ma per dieci anni la politica ha fatto soltanto tagli'
Quando il neo incaricato alla cultura Dario Franceschini disse di guidare il ministero economico più importante d'Italia non poteva immaginare conferma migliore di quella che arriva oggi dall'Istat. E' così, ministro? «Un'affermazione più che una conferma: quelle potenzialità non dovevano essere note ai politici se per 10 anni si è scelto di tagliare anziché investire nella cultura.
I dati dell'Istat incoraggiano il lavoro che stiamo facendo per superare il paradosso di avere luoghi sovraffollati come Venezia e un patrimonio diffuso ma ancora non utilizzato nella sua capacità d'attrazione. L'Italia è un museo diffuso, la sua forza è in 100 città d'arte, 1000 borghi, siti archeologici, dobbiamo smettere di paragonarci a realtà culturali diverse». Pensa al fatto che tra i primi 20 musei mondiali manca l'Italia? «Non ci sarà mai, così come non sarà mai tra le prime 20 città o tra le prime 20 aziende del mondo. Il parallelo è fuorviante: l'Italia non ha metropoli, è un sistema i cui musei sono legati al territorio. Gli Uffizi sono 12 volte più piccoli del Louvre che senso ha il confronto? Guardiamo invece i dati del 2014, un anno di crisi in cui i 420 musei statali, il 10% del totale, hanno visto una crescita del 6,2% rispetto al 2013, ossia 40.287.393 visitatori, più dei 5 maggiori musei del mondo insieme».
L'Unesco ha minacciato il bollino rosso per il transito delle grandi navi a Venezia: finora era toccato solo all'Afghanistan per i Buddha di Bamiyan. È preoccupato? «Il governo si è mosso, dal primo gennaio le navi oltre le 96 mila tonnellate non passano più davanti piazza San Marco e abbiamo altre ipotesi allo studio. Noto però un'irresistibile tentazione a cercare quanto non funziona trascurando che per esempio nel 2014 il turismo interno è calato, ma quello internazionale è aumentato.
L'Expo sarà un grande traino, arriveranno dagli 8 ai 10 milioni di visitatori che tornando a casa potranno parlare bene dell'Italia». Si pagherà il ticket per Venezia? «No, non si farà perché una città deve essere aperta. Più che ricorrere a misure interdittive bisogna valorizzare il resto ed evitare che siccome un abitante della terra deve vedere almeno una volta nella vita Roma e Firenze viene una tantum e non torna più.
Chi viene deve tornare: l'Italia non ha solo la Scala ma 400 fondazioni liriche». Le Domus di Pompei sono state riaperte, agosto ha visto un boom di visite del +12%. Ma, dice Merrill Lynch, l'indotto rende ancora il 5% del suo potenziale. «Sul sito di Pompei stiamo rispettando la tabella europea, l'Unesco lo conferma. Ci sono 23 cantieri attivi, 5 conclusi, 11 gare aggiudicate. Ma Pompei è un sito di 66 ettari e 22 ettari ancora da scavare. Sarà un cantiere permanente. Poi è vero, c'è un problema di infrastrutture, i turisti fanno la visita e vanno via. Lavoriamo sui fondi europei per riqualificare i servizi attorno ai grandi operatori culturali. La Campania e Napoli hanno potenziali enormi».
Un anno fa il New York Times scriveva che i turisti disertano il sud Italia. Come recuperare chi ci preferisce la Spagna? «Purtroppo il 15% dei turisti internazionali va sotto Roma e l'85% da Roma in su. Ma le potenzialità culturali del sud sono infinite. Per la prima volta abbiamo ottenuto dai fondi europei 490 milioni da investire obbligatoriamente sul recupero del patrimonio culturale e artistico del Mezzogiorno». Non urge anche un cambio di mentalità se al di là delle infrastrutture i turisti trovano il Colosseo chiuso per sciopero e l'Opera più cara del mondo? «E' ovvio che bisogna credere al sistema paese. Ma voglio aggiungere che oggi è una giornata importante se anche l'Istat conferma ciò che gli operatori dicevano da tempo. Il patrimonio culturale è un grande strumento di sviluppo del paese». Di F. P. - Fonte: La Stampa