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Manca un anno, proibiti altri errori su Expo

Manca un anno, proibiti altri errori su Expo

Se solo riuscissimo a credere nelle nostre capacità e a liberarci delle tante zavorre che sistematicamente ci inducono al lamento e al pessimismo potremmo fare un salto nell'economia globale. Sei mesi di evento si portano dietro migliaia di posti di lavoro, milioni di visitatori e una decina di miliardi di indotto per il commercio e il turismo. Con il paesaggio, l'arte, la creatività, l'ingegno si può dare una spinta al made in Italy e si può ricostruire una fiducia: dentro l'Expo c'è la memoria e l'identità di un Paese che nei momenti difficili riesce a dare il meglio e c'è una storia che si esprime attraverso la cultura del cibo, la saggezza contadina, la sapienza della ricerca e del prodotto.

Da adesso è proibito sbagliare: deve crescere la consapevolezza che ogni errore nell'ultimo tratto vale il doppio e si paga caro in termini di immagine e di affidabilità. Il cantiere deve correre, forzando i tempi, ricorrendo agli straordinari, spingendo i Paesi ospiti ad accelerare la realizzazione dei padiglioni. Milano deve scuotersi un po', trasformare l'understatement fin qui esibito in una strategia d'accoglienza con sei mesi di spettacoli ed eventi indimenticabili e dare un miglior decoro della città. Un modo per non pensare troppo al problema dei problemi che terrà fino al maggio 2015 tutti in ansia e con il fiato sospeso: il traffico, l'accesso al sito di Rho Pero, le connessioni stradali e ferroviarie.

Sui collegamenti il bilancio non è trionfale. Non siamo riusciti a iniziare la linea 4 della metropolitana e a completare la linea 5. Non abbiamo la certezza di incrementare i servizi suburbani che dipendono dalle ferrovie dello Stato: i treni del Passante, per esempio, non si sa se verranno potenziati. Gli aeroporti sono un rebus: Malpensa oscilla tra rilancio e ridimensionamento (con la propensione a quest'ultimo se l'accordo Alitalia-Etihad andrà in porto). Solo la linea rossa della metropolitana riuscirà a garantire convogli ogni cento secondi, sfiorando il limite tecnologico.

Sono mancati i fondi, è vero. Ma anche dov'erano stanziati, come nel caso della Pedemontana o della superstrada Monza-Rho si viaggia in ritardo, per un mancato via libera del ministro dell'Ambiente o per certificazioni bloccate. La burocrazia è un ostacolo a volte insuperabile e certe strettoie potrebbero essere evitate con l'intervento del governo. Il presidente Maroni le ha già elencate queste criticità: ma non ha avuto risposte. Questo riepilogo non è un atto d'accusa: è un richiamo alla realtà. A chiedere a tutti uno sforzo. A non mollare. A certificare la trasparenza degli appalti. A garantire quella legalità che chiede la Procura e auspicano i cittadini. Da oggi in avanti, bisogna fare al meglio quel che resta da fare, lavorando insieme per lo stesso obiettivo: il successo di Expo e dell'Italia.

Ce la possiamo fare. Lo dice con orgoglio e un brivido di paura (ci deve essere un po' la paura di non farcela per vincere le grandi sfide) il commissario unico Giuseppe Sala, uno che non dorme di notte pensando ai tempi del cantiere: su Expo anche all'estero ci sono grandi aspettative. Non sarà l'automatismo per vincere la crisi, ma può essere il mezzo per cambiare una visione e un verso, come direbbe il premier Renzi. Domandiamoci di che cosa parleremmo oggi se tre anni fa avessimo dato forfeit, come qualcuno al governo si augurava, in favore di Smirne. Ci resterebbe solo la spending review. Per fortuna siamo qui a contare i giorni e a far crescere una speranza a Milano e nei tanti comuni che compongono l'Italia del cibo e del gusto e vogliono tornare a essere un motore competitivo in un Paese che crede nel futuro. In un'Italia che ce la fa. - Fonte: Corriere della Sera