Le Poste non mollano. Piena adesione al piano ma la privatizzazione non ci consente rischi
La telefonata tra Francesco Caio e James Hogan è stata molto lunga, ha occupato quasi l'intera mattinata di ierie l'amministratore delegato di Poste, prima di entrare nel merito delle possibili sinergie industriali con il numero uno di Etihad, ha voluto ribadire e chiarire in quale quadro complessivo andrà inserita, secondo lui, questa eventuale collaborazione. Un contesto irrinunciabile per il manager, vista la missione per la quale il governo Renzi lo ha messo alla guida dell'azienda postale: la privatizzazione, appunto. E dunque, un quadro ben diverso da quello di qualche mese fa quando a guidare il gruppo c'era ancora Massimo Sarmi e l'allora premier, Enrico Letta, "convocò" Poste spa per la partita Alitalia.
E proprio da qui, da questa diversità, nasce la frizione con gli altri soci di Alitalia, un braccio di ferro che, insieme alle beghe sindacali, sta complicando maledettamente la dirittura d'arrivo della trattativa con Abu Dhabi. Ma Caio lo ripete di continuo ai suoi collaboratori e l'ha ribadito anche nella telefonata con Hogan: Poste è un gruppo pubblico con regole più stringenti rispetto agli altri azionisti della compagnia. E lui da tre settimane è immerso nella vicenda Alitalia - operazione che condivide e alla quale aderisce pienamente - mentre, nel frattempo, in vista dell'autunno, deve preparare il nuovo piano industriale dell'azienda, puntando alla modernizzazione delle aree di business nelle quali funziona meno bene (i servizi postali) e al consolidamento di quelli che vanno meglio (banca e assicurazione). Tutto - ed ormai è quasi un mantra che echeggia quotidianamente nei corridoi di Poste spa - secondo logiche industriali e di mercato. Le uniche compatibili con la prospettiva della privatizzazione.
Hogan ha ascoltato con interesse queste riflessioni telefoniche di Caio, ma anche con la consapevolezza che le vere destinatarie di certi discorsi sono le banche che convertiranno in azioni i loro crediti con la compagnia aerea e che si oppongono ad ogni ipotesi allo studio che consenta a Poste di "aggirare" la vecchia Alitalia gonfia di rischi finanziari e giudiziari e di puntare diritto alla nuova compagnia che nascerà dal matrimonio con Etihad. In questo senso, sulla scrivania degli advisor è ancora aperto il dossier della newco "cuscinetto", ma non si escludono altre opzioni delle quali, evidentemente, hanno parlato, venerdì a Palazzo Chigi, anche il premier Renzi e i vertici di Unicredit e Atlantia, Ghizzoni e Castellucci.
Se da un lato, nella telefonata di ieri mattina, Hogan si è limitato semplicemente ad ascoltare e a prendere atto dei discorsi di Caio sulle tensioni con gli altri azionisti e sulle strategie finanziarie di Poste spa, d'altro canto il numero uno di Etihad ha interloquito a lungo sulle sinergie industriali possibili tra la nuova compagnia e il gruppo pubblico. L'idea è che Poste spa possa mettere a disposizione la propria piattaforma logistica per fornire servizi utili allo sbarco di Etihad in Italia: quindi, tra le varie ipotesi allo studio, la vendita dei biglietti negli uffici postali; pacchetti assicurativi legati al turismo e agli stessi biglietti; carte ricaricabili collegate alle "mille miglia"; collaborazione nello sviluppo dell'e-commerce. Sullo sfondo, anche la sinergia tra la nuova
Alitalia e la Mistral, la piccola compagnia aerea di proprietà delle Poste che fino ad oggi ha svolto solo il servizio di distribuzione di pacchi e missive in Italia: si ipotizza l'utilizzo della decina di aerei della Mistral (prevalentemente a turboelica) anche per il trasporto di persone (i turboprop possono essere facilmente convertiti nel giro di poche ore). Senza escludere, peraltro, la possibilità emersa fina dall'inizio del coinvolgimento di Poste nella partita Alitalia (l'ad del gruppo era ancora Massimo Sarmi), di trasformare Mistral in una compagnia low cost. - Fonte: La Repubblica (di Marco Patucchi)