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La svalutazione del dollaro frena i viaggi d’affari internazionali

La svalutazione del dollaro frena i viaggi d’affari internazionali

08 Febbraio 2019

L’Osservatorio sul business travel fa il punto sul 2018: a 20 miliardi la spesa per 31 milioni e settecentomila trasferte. Stati Uniti, Giappone e Germania tra le prime mete

Con 31 milioni 701mila viaggi d’affari nel 2018, il business travel vede la spesa incrementare del 2,8% a 20,2 miliardi di euro nel 2018: l’Osservatorio supportato da Airplus, Amadeus, Hrs e Gruppo Lufthansa mostra che il comparto segue un trend al rialzo dal 2013. “Siamo oltre il livello del 2007, ciò significa che si fanno più trasferte del periodo pre-crisi – osserva l’analista, professore dell’Università di Bologna, Andrea Guizzardi -. Il dato nuovo è rappresentato dal segmento internazionale che frena, disincentivato con probabilità dalle crisi politiche. Il mercato nazionale soffre ancora e non credo recupereremo, perché in Italia l’economia non cresce”.

Non ci sono tuttavia dati negativi: l’andamento è stato positivo, in particolare a +2,9% per le trasferte nel Belpaese (7 miliardi di euro) e del +2,2% all’estero (13 miliardi), con Stati Uniti, Giappone e Germania tra le prime mete. Il punto è che nell’ultimo decennio l’incremento dei viaggi d’affari oltre i confini nazionali è stato del 15%, perciò la “frenata” è sotto osservazione.

Cosa limita i viaggi lontani? “La svalutazione del dollaro che ha perso il 6% - continua Guizzardi -, con il conseguente risparmio per le aziende di 330 milioni in spese di viaggio”.

La ripartizione della spesa conferma i trasporti con il 57% di share, alloggio al 29% e ristorazione al 14%. L’alta velocità ferroviaria spinge le trasferte in giornata, anche per l’aumento delle destinazioni collegate, ma il professore invita a non prendere abbagli sull’ipotetico risparmio di tali soluzioni. “Aereo e treno sono molto in concorrenza, l’equilibrio tra i due si sta ri-bilanciando: se prima vinceva la ferrovia (raddoppiata in 10 anni e su di quasi il 5% nel 2018), i collegamenti aerei si stabilizzano al 40%. Da questo punto di osservazione, il partner Fs in Alitalia potrebbe sparigliare le carte: diminuirà la concorrenza, aumenteranno le tariffe, per le aziende non sarà una condizione favorevole”.

Per quali motivi viaggiano le aziende? Per incontrare clienti e fornitori (in aumento del 4,7%), per andare alle fiere che risorgono dell’1,6% dopo sette anni di debolezza (Guizzardi fa esplicito riferimento alla promozione del made in Italy all’estero, ndr) , un po’ meno per partecipare a congressi ed eventi, in calo del 4 e mezzo per cento (settore Mice).

Il 2019 si presenta all’appello con l’incertezza Brexit e i chiari di luna del Governo italiano in fatto di concordia tra i partiti politici, la previsione è di una forbice di crescita delle trasferte aziendali tra il 3 e il 4,5% secondo i sondaggi effettuati su 160 aziende a dicembre. “Credo però scenderà ancora, perché nel frattempo la condizione dei mercati internazionali è peggiorata”, conclude il docente del Cast, centro studi avanzati sul turismo dell’ateneo emiliano.

 L’Osservatorio ha uno storico di 18 anni, tre degli ultimi con il nome di Nova (Nuovo osservatorio viaggi d’affari). In questo lungo periodo, la spesa media annuale per addetto alla gestione dei viaggi aziendali (funzione talvolta associata a quella delle Hr) è passata da 174mila euro a 259mila euro considerando industria e terziario.  Secondo Guizzardi il cambio di passo dei travel manager dovrebbe avvenire dall’attitudine prevalentemente orientata al risparmio dei costi ad un orizzonte di obiettivi più ampio. Purtroppo oggi le tecnologie sono impostate quasi esclusivamente a ottimizzare e non a misurare più fattori, che mostrino un quadro di efficientamento strategico.

 

Fonte = GUIDA VIAGGI 08/02/19