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La Disintermediazione scotta...

La Disintermediazione scotta...

Poche parole capaci di accendere una fiamma e farla divampare in incendio in pochi attimi: i post riguardanti l'argomento sono fioriti negli infiniti gruppi di AdV suscitando reazioni fortemente contrastanti e sostanzialmente prive di vie di mezzo: sull'argomento gli agenti si schierano fortemente pro o decisamente contro, alzando barricate e sostenendo tesi. Da una parte si condanna questa decisione ritenendola una sorta di "entrata a gamba tesa" da parte di un Governo che avrebbe il dovere di sostenere le imprese turistiche già in difficoltà, mentre dall'altra si dice apertamente che la disintermediazione è già attuata da anni da ogni parte della filiera, e che non si può definire del tutto negativa.

A fronteggiarsi sono ovviamente due filosofie di pensiero, la prima conservatrice del modus operandi tradizionale - ma soprattutto spaventata da un cambiamento delle abitudini del consumatore difficile da fronteggiare - e la seconda, progressista, convinta che la distribuzione abbia solo da guadagnare da questo nuovo corso. Fuori da ogni dubbio è il fatto che l'accorciamento della filiera sia ormai un fattore tanto inevitabile quanto necessario: il consumatore ha oggi infinite opportunità di acquisto grazie ad un'informazione capillare e a strumenti alla portata di chiunque, e insistere ad assoggettarlo a regole vecchie come il cucco è pura fantasia. Inoltre, questa forma di "taglio" dei passaggi è ampiamente praticato da ogni soggetto, agente di viaggio, vettore, albergatore o tour operator che questo sia: nessuno disdegna le vendite dirette (quando addirittura non le promuove a spada tratta...), e il sempre più massiccio ricorso ai DMC da parte degli agenti di viaggio è un segno inequivocabile della precisa volontà di conquistare il viaggiatore utilizzando strumenti che consentano un maggior controllo della qualità e della spesa, avvantaggiandosi sulla "concorrenza" rappresentata dagli stessi tour operator.

Non c'è agente che non componga da sé sia i più semplici pacchettini volo+hotel sulle diverse città europee che i più impegnativi itinerari su qualsiasi destinazione, fattore che - a breve - metterà in difficoltà più di un operatore. Ma perché questa parte del processo di disintermediazione si compia correttamente sarà necessaria una ben maggiore competenza da parte di molti venditori che, ancora oggi, non hanno chiare le implicazioni - soprattutto giuridiche - di questa forma di attività. Sull'argomento "network", invece, i fronti sono più di uno: il primo è quello del "NO" ad oltranza, quello del "meglio soli che (mal) accompagnati" che rappresenta, più o meno, il 20% del panorama distributivo. Il secondo è quello del "SI" senza se e senza ma: tutti sono capaci a lavorare e a portare a casa buone condizioni, ma in compagnia si lavora meglio. Di questa fazione fanno parte l'80% circa degli agenti di viaggio, legati a tanti network più o meno importanti, più o meno apprezzati. Ma il fronte più interessante è quello che si apre proprio all'interno degli affiliati, e cioè tra quegli agenti che, in un momento così critico e delicato, s' interrogano sulla validità e sulla convenienza di appartenere ad una o all'altra rete.

Qui i pareri e le convinzioni sfociano nel caos più totale, e la domanda che più di ogni altra si fa largo è: Da più parti si grida a perdifiato che i network non riescono più a garantire condizioni che una discreta agenzia non possa negoziare direttamente con i propri fornitori, e che il pagamento della fee annuale non rappresenta più un investimento ma un puro costo difficilmente recuperabile. E ancora che, contestualmente, non riescono a garantire agli operatori né livelli certi di fatturato, né garanzie in merito alle proprie affiliate. Dall'altra si obietta che, aldilà del costo non più ammortizzabile come un tempo, a rendere difficile il rapporto agente-network è la pressione esercitata da alcuni di essi a favore di alcuni tour operator (ma non dimentichiamoci che il compito primario di un network dovrebbe proprio essere quello di imprimere una direzione precisa alle vendite delle agenzie...).

In sintesi, l'agente di viaggi torna a riproporsi come il piccolo imprenditore perennemente arrabbiato per la mancanza di coesione espressa dai colleghi (sempre degli altri, mai propria...), ma sempre pronto a chiamarsi fuori dal mazzo quando risulti necessario condividere un obiettivo comune. Al di là delle singole posizioni e dei ragionamenti tutti validi e tutti da discutere, incuriosisce il fatto che, ancora oggi, si assista ad un continuo nascere di nuove realtà aggregative dalle formule trite e ritrite o, diversamente, povere di contenuti, e di come anche queste realtà riescano ad attrarre qualche agenzia: è un fenomeno tutto italiano che sottolinea la fantasia e l'anarchia mentale che ci rende famosi ovunque, ma che nello stesso tempo non fa altro che accrescere un dibattito sempre più carico di punti interrogativi. - Fonte: Turismo & Attualità