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Intervista a Del Torchio. «Lascio Alitalia e rinuncio al bonus Ora tocca a Etihad, a ottobre i vertici»

Intervista a Del Torchio. «Lascio Alitalia e rinuncio al bonus Ora tocca a Etihad, a ottobre i vertici»

È tempo di bilanci per Gabriele Del Torchio, ma finalmente senza perdite a piè di pagina. Perché a dispetto dei conti ancora in rosso del vettore italiano, lo scenario che ha davanti la compagnia ha finalmente le caratteristiche del successo: struttura di governance più snella ed efficace, un consiglio di amministrazione composto solo da Etihad e dalla holding che racchiude i soci italiani, un socio industriale di calibro internazionale e capitali da investire su un piano strategico che punta allo sviluppo delle rotte intercontinentali e non concentrato sul breve raggio inclusa la rotta Roma-Milano. Per ora è tutto sulla carta, ma dopo mesi di negoziati difficilissimi e di tensioni finanziarie, politiche e sindacali, la quadratura del cerchio sembra davvero riuscita: dalla prospettiva del fallimento si è passati a quella del rilancio. Un rilancio che ha comunque due volti: il capolavoro negoziale da un lato, il costo finanziario e sociale dall'altro.

«Quando sei costretto a mandare a casa più di 2.000 persone - spiega Del Torchio - non puoi rallegrarti. Pero è bene che sia chiara una cosa: al contrario del passato, qui ci sono azionisti privati, primo tra tutti Roberto Colaninno che hanno creduto in un progetto e hanno perso i propri soldi per tenerlo vivo, non ci sono manager che hanno dissipato risorse o che hanno pensato soltanto alle ambizioni personali».

Ma allora come si spiega le dichiarazioni di Renzi? Il premier, dopo l'accordo con Etihad, ha detto che è l'ultimo salvataggio di Stato e che i manager dovrebbero rinunciare, in casi come Alitalia, ai loro bonus... Sono certo che Matteo Renzi non si riferisse alla crisi attuale ma a quelle del passato. Quanti manager di Alitalia, negli ultimi 20 anni, sono usciti dalla compagnia con bonus milionari ma con i conti in rosso? Guardi, le annuncio di aver deciso di rinunciare al mio bonus non per le parole del premier, ma per ragioni di opportunità e sensibilità sociale: quando si devono licenziare 2.000 persone, e anche se in realtà molti saranno riassorbiti, il minimo che un manager deve fare è rinunciare ai premi. Ed è quanto ho deciso di fare.

Lei ha trattato con Etihad per circa un anno, ma i connotati della soluzione finale sono ancora una volta quelli dell'operazione di sistema...
Vero. Ma in questo caso c'è un'operazione di sistema diversa,con ruolo attivo del governo a cui va il mio ringraziamento, in particolare al sottosegretario alla Presidenza Del Rio, al ministro Lupi e al capo della segreteria tecnica del MEC Pagani. Il governo ha creato le condizioni politiche per un'alleanza di sviluppo con un vettore dell'area economicamente più dinamica del mondo e il suo intervento non aveva lo scopo di salvare questo o quell'azionista, né di creare altri carrozzoni come è stato fatto in altri momenti a spese del contribuente. Ed è bene ricordare che a pagare sono state in grande misura le banche: il ruolo di Intesa Sanpaolo e Unicredit è stato straordinariamente importante, come lo è stato quello di Mps e della Popolare di Sondrio. Alle banche è stato chiesto ora di fare un forte sacrificio, e lo hanno fatto, ma in realtà non ci hanno mai fatto mancare risorse anche nei momenti peggiori. Comunque, ripeto, se oggi abbiamo un futuro è solo per l'impegno collettivo di tutte le parti coinvolte: banche,azionisti, governo, dipendenti, sindacati.

Dunque è soddisfatto del lavoro...eppure c'è ancora chi dice che abbiamo svenduto l'Alitalia.
Vede, il mio mandato quando ho accettato l'incarico nel 2013, era proprio quello di tagliare i costi e aumentare l'efficienza e la qualità del servizio per rendere attraente la compagnia a un potenziale partner industriale internazionale. Ed è quanto è stato fatto. Alitalia, o se vuole il famoso piano Fenice, ha centrato l'obiettivo dell'efficienza e della qualità, ma ha mancato su un punto-chiave: i ricavi. E poi tenga presente che il piano Fenice fu concepito prima della grande crisi: quel piano prevedeva una crescita annua del Pil di almeno il 2%, un passo che avrebbe dato una spinta enorme al trasporto aereo. Le cose purtroppo per l'Italia e non solo per Alitalia, sono andate diversamente. Nel settore aereo, se si vuole giocare da protagonisti, non è pensabile fare concorrenza alle low cost o focalizzarsi prevalentemente sul corto raggio. Bisogna confrontarsi con i big sui voli intercontinentali, sul servizio di altissima qualità ad alto margine reddituale. Ed è quanto ci apprestiamo a fare con Etihad. Ma vorrei dire di più: i partner industriali sono due, perché ci sono anche le Poste.

Ci spieghi meglio.
Chi sostiene che Poste Italiane abbia fatto un investimento finanziario sbaglia di grosso. Con loro abbiamo già avviato una fortissima collaborazione attraverso la Mistral, che è il loro vettore aereo, e firmato 15 contratti di collaborazione operativa sulle merci e sull'IT. Non solo. Il nostro nuovo sito mobile per le prenotazioni Alitalia è stato sviluppato proprio dagli ingegneri delle Poste. E concludo dicendo che la stessa Etihad è molto interessata a sviluppare collaborazioni industriali con le Poste sulle attività di logistica, un campo che è certamente strategico nel settore aereo.

E con Air France? Quale è stato il motivo che ha tenuto lontani i francesi da Alitalia?
Con Air France avremmo potuto chiudere due anni e mezzo fa, ma le condizioni dei francesi non erano migliori delle nostre. Nel 2013 Air France valeva in Borsa circa un miliardo: se avessimo proceduto con la fusione, ai soci italiani sarebbe andata una quota superiore al 30% del gruppo risultante. Riuscite a immaginare come sarebbe stata accolta in Francia una cosa del genere? E quale tutela avrebbero avuto gli azionisti italiani in un consiglio con il governo francese? Anzi, in un consiglio in cui sarebbero stati presenti francesi e olandesi, visto che il gruppo è Air France-KLM... Troppo complicato e troppo insidioso. Il problema comunque non eravamo noi. Prova ne sia che lo stesso presidente di Air France ha espresso personalmente rammarico di non avere le risorse per comprare Alitalia. La partnership con Air France comunque continua e continuerà con reciproca soddisfazione anche con la nuova azienda.

Perché pensa che Etihad abbia fatto un buon investimento?
Basta analizzare i numeri del mercato italiano. Vale circa 15 miliardi di euro l'anno, di cui circa 7 nelle rotte intercontinentali: Alitalia ha una quota pari a circa un miliardo, la differenza la incassano i vettori che utilizzano i propri aeroporti nazionali per far viaggiare gli italiani sulle rotte intercontinentali. Se il nuovo gruppo Alitalia si concentrerà su questo segmento, avrà enormi possibilità di crescita e di sviluppo.

Ma è vero che le compagnie del Golfo pagano meno il carburante?
È una leggenda metropolitana. Ho visto i loro bilanci e le garantisco che lo pagano quanto noi, e che sono costretti a fare contratti di copertura dal rischio rincari come il facciamo noi. Il punto è un altro: loro hanno tasse praticamente inesistenti e contratti di lavoro estremamente convenienti. Ma state tranquilli: i nostri contratti non cambieranno, le garanzie sociali resteranno dove sono, non si faranno mai in Italia contratti di lavoro come quelli del Golfo. Ci sono conquiste e diritti che nessuno ha intenzione di discutere. E questo, gli arabi, lo sanno molto bene.

Ma quale futuro ha questa compagine azionaria?
Intesa e UniCredit è chiaro che usciranno quando potranno valorizzare bene la propria quota.

Etihad ha qualche progetto di Borsa per il futuro di Alitalia?
Sicuramente no, ora l'importante è tornare all'utile.

Un'ultima domanda: che cosa farà dopo Alitalia?
Un futuro a carico della previdenza sociale? Chissa! - Fonte: Il Sole 24 Ore (di Alessandro Plateroti)