Il turismo chiede innovazione
Non solo chef e camerieri. Servono anche informatici
Figure professionali «tradizionali», come chef, camerieri, addetti al ricevimento, ma anche professionisti in possesso di nuove competenze e in grado di stimolare e supportare processi innovativi. Sono le esigenze manifestate dalle imprese in materia di ricerca del personale e delineate dal report «Lavoro e fabbisogni formativi nel turismo», realizzato dal Centro Studi Turistici di Firenze per conto dell'Ente Bilaterale Nazionale di settore. Il rapporto prevede oltre 250 mila nuove opportunità lavorative nel settore entro il 2022, comparto che, dopo alcuni anni di stallo, sta vivendo una nuova fase di ripresa. L'industria delle vacanze appare in pieno fermento, i più recenti bollettini emessi dal sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal, registrano una tendenza in diminuzione per la maggior parte dei comparti del terziario ma evidenziano l'eccezione rappresentata dal turismo, con un costante incremento di nuovi posti di lavoro programmati anche nel breve periodo.
E altrettanto incoraggianti appaiono i dati relativi al sistema produttivo: in base alle elaborazioni di Unioncamere - InfoCamere sulla natalità e mortalità delle imprese, nel 2018 si è registrato un saldo positivo di circa 32 mila attività e una su quattro opera proprio nel settore turistico. I mercati più significativi per numerosità di imprese mostrano segnali di arretramento, ossia manifattura, agricoltura, costruzioni e commercio, mentre, in termini assoluti, il comparto delle attività di alloggio e ristorazione può contare su 8.318 imprese in più. Il settore è caratterizzato dall'estrema parcellizzazione dei soggetti economici, piccole e micro imprese con organigrammi ridotti ed elastici nei momenti di necessità, in cui lo stesso soggetto copre più funzioni e gli imprenditori sono impegnati in prima persona. La dimensione media delle imprese è di 4,19 dipendenti: il 61,4% lavora in imprese con meno di nove dipendenti, il 23,5% in imprese nella fascia tra 10 e 49, il 5,5% in quella tra 50 e 249, solo il 9,6% in imprese con più di 250 dipendenti. Le competenze richieste. La fi liera turistica appare piuttosto complessa e frammentata. Si snoda attorno a settori «core», come servizi di alloggio e ristorazione, che si intrecciano, in maniera trasversale, con altri comparti, per esempio i trasporti e il commercio, e risulta composta da attori dai caratteri eterogenei, passando dalle catene alberghiere internazionali al piccolo b&b gestito in maniera familiare. Come evidenzia il rapporto del Centro Studi Turistici, spesso le aziende fanno ricorso ad imprese esterne per la copertura di alcuni servizi, affidandoli in outsourcing. L'82% dei dipendenti delle attività di alloggio, ristorazione ed intermediazione ricopre il ruolo di operaio, incidenza che supera l'88% se si sommano gli apprendisti. A tale valore dovrebbero essere aggiunti coloro che operano in servizi esterni che rientrano, ai fini statistici, in attività più generiche. Dall'indagine emergono i mutamenti che ormai da tempo affrontano gli operatori della filiera. La clientela gradisce la flessibilità del servizio ed è più attenta ai livelli qualitativi delle prestazioni. In un contesto così evoluto, si manifesta la necessità di migliorare le competenze delle figure professionali coinvolte: una solida cultura dell'accoglienza (segnalata dal 39%ì degli intervistati), il possesso di competenze tecniche (34%) e l'acquisizione di nuove conoscenze linguistiche (32%), oltre alla lingua inglese, competenze informatiche (21%), la capacità di decidere (20%). Al personale è richiesto uno sforzo per accrescere le competenze attraverso una formazione continua. Ma il 45% degli intervistati ha segnalato diffi coltà nel reperimento di personale in possesso di tali competenze. Le problematicità appaiono più evidenti nel comparto della ristorazione, in cui il dato raggiunge il 65% dei rispondenti, seguito dagli stabilimenti balneari (47%), mentre le agenzie di viaggio manifestano il livello più alto di soddisfazione nella ricerca di personale con il 78% che dichiara di non avere
incontrato difficoltà. Anche per i prossimi anni la necessità rimane quella di reperire profili tradizionali che sappiano, però, contribuire ai processi di innovazione avviati dalle imprese.
Ma si guarda con molto interesse ai profili con competenze specifiche, come manager marketing, social media manager, revenue manager, esperti in customer care, in applicazioni digitali, in gestione delle risorse umane. Oltre alle competenze specifiche, sono state segnalate anche quelle trasversali, ossia relazionali, linguistiche, informatiche. Una difficoltà diffusa è stata rilevata nell'utilizzo dei social media in cui si registrano carenze di approccio alle tecniche, alle regole e ai linguaggi. Una comunicazione «empatica e professionale» è fondamentale, da sapere gestire in fase di erogazione del servizio e in fase di accoglienza e illustrazione delle offerte del territorio, oppure nella gestione di eventuali emergenze o controversie con la clientela. Per ricevere feedback positivi è fondamentale apprendere le lingue ma gli imprenditori lamentano un deficit sensibile nella conoscenza delle lingue straniere, prima tra tutte l'inglese. Tra reclutamento e outsourcing. Risultano abbastanza differenziati i canali utilizzati per il reclutamento del personale. Quello più efficace è il passaparola o la conoscenza personale, seguito dai servizi dei centri per l'impiego, l'annuncio a mezzo stampa o riviste di settore, i canali social. Alle spalle si piazzano il sistema della formazione professionale, il sistema scolastico, il sistema universitario. Agli ultimi posti si collocano le agenzie private di intermediazione e somministrazione del lavoro e le borse mercato lavoro. Un terzo circa degli imprenditori sceglie di esternalizzare alcuni servizi, soprattutto per un vantaggio economico (60%) ma anche per la mancanza di competenze interne specifiche (19%). In particolare, i servizi di pulizia e riassetto delle camere nelle strutture ricettive, la realizzazione e l'aggiornamento del sito web, la comunicazione social, la sicurezza, la contabilità analitica, il giardinaggio. Le figure professionali più ricercate. In ambito alberghiero vengono richieste le classiche figure operative di cameriere ai piani e gestione dei servizi bar ma che devono sviluppare la capacità di operare in stretto contatto con la direzione e la reception, anche utilizzando specifici strumenti informatici. Per quanto riguarda la reception, la necessità è di sviluppare competenze specifiche per la gestione della customer care, promuovendo la capacità di interagire con il cliente. Sul versante back office, la figura più richiesta è quella del social media manager per gestire campagne di comunicazione attraverso i media. Sono state indicate come necessarie anche le conoscenze di revenue management, gestione del pricing e figure in grado di sviluppare canali di commercializzazione. Nel settore extralberghiero, occorrono figure capaci di sviluppare reti, definendo standard e protocolli e controllando gli standard di fornitura dei servizi. Un secondo gruppo di competenze è quello relativo all'accoglienza, svolgendo gli adempimenti amministrativi, guidando il cliente alla conoscenza del territorio e fornendo un'assistenza continua. Per quanto riguarda i ristoranti, le fi gure maggiormente richieste sono quelle classiche di cuoco/ chef, cameriere di sala, maître di sala ma in grado di adeguarsi alle nuove «esperienze culinarie» o alla preparazione dei piatti a casa del consumatore. Anche i servizi di catering sono chiamati ad adattarsi alle «mode» dei cibi orientali, vegani, a chilometro zero.
La difficoltà di reperire il personale. Il Rapporto Excelsior di Unioncamere e Anpal «La domanda di professioni e formazione delle imprese italiane nel 2018», con specifico riferimento al comparto turistico, tra i 30 profili più difficili da reperire al settimo posto colloca gli animatori turistici e le figure assimilate, difficili da trovare non perché manchino i candidati ma a causa dell'inadeguatezza delle competenze possedute dagli stessi. Per quanto concerne la figura degli addetti all'accoglienza nelle strutture ricettive e nella ristorazione, per le assunzioni previste le imprese hanno espresso nell'85% dei casi la volontà di acquisire personale con esperienza ma quasi il 23% ha riscontrato diffi coltà nel reperirlo. Sul versante camerieri e professioni assimilate, il 71,9% delle imprese richiede esperienze pregresse e ha manifestato la difficoltà di trovare personale adeguato nel 24,8% dei casi mentre cuochi in alberghi e ristoranti nel 79,8% dei casi devono possedere esperienza nel curriculum con il 33,8% delle imprese che hanno riscontrato difficoltà nella ricerca. Infine, per il personale non qualificato nei servizi di ristorazione, il 36,3% delle imprese chiedono esperienze maturata in precedenza e solo nell'11,1% dei casi si riscontrano ostacoli nel trovarlo. La stagionalità. In base ai dati Inps evidenziati nel report, sono mediamente poco meno di un milione gli addetti che operano mensilmente nel settore turismo strettamente inteso, ossia nell'ospitalità (23%), nella ristorazione (74%) e nelle attività di intermediazione (3%). Se si considera l'ecosistema e si considerano tutti coloro che entrano in contatto con l'attività turistica, il numero di addetti aumenta, raggiungendo un valore stimabile in 1,7 milioni circa.
La stagionalità del lavoro è marcata nell'ambito della ricettività, nel comparto della ristorazione la variabilità è sensibilmente più bassa, ancora più ridotta nell'intermediazione. Negli ambiti che hanno una maggiore stagionalità, come il mare o la montagna, si utilizzano contratti a tempo determinato (18%) o stagionali (12%). La ricettività è il segmento in cui si fa meno ricorso a contratti a tempo indeterminato, mentre nell'intermediazione e nella ristorazione i valori sono sensibilmente più alti.
Fonte = ITALIA OGGI 01/04/19