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Il turismo che crede nell'effetto Big data

Il turismo che crede nell'effetto Big data

In un futuro immaginato al 2024 il turista «utilizzerà gesti e comandi vocali per interagire con gli strumenti che si baseranno sull'analisi di Big data per fornire una selezione di pacchetti vacanza ideali» racconta il rapporto di Skyscanner, risultato di un'indagine che ha coinvolto 56 esperti, tra editori, ricercatori e networker del futuro delle principali città del mondo. «Nel prossimo futuro ci sarà una conversione del mercato di massa verso la semantica - sostiene Filip Filipov, alla guida del settore business to business a Skyscanner  la geolocalizzazione e le applicazioni Big data che comporteranno cambiamenti anche per i viaggiatori».

Territori nuovi, o comunque recenti, e in gran parte ancora inesplorati. «Emergono due ambiti interessanti per i Big data: la promozione e poi la verifica delle policy - spiega Euro Beinat, docente di Geoinformatica e data science all'Università di Salisburgo -. Il primo riguarda il modo in cui il turismo viene promosso e come andiamo a investire tempo e risorse. La promozione è tradizionalmente legata a una struttura di tipo gerarchico-amministrativo: Stato, regioni, enti locali. Ma il turismo non è così, si muove in modi diversi e inaspettati. Big data può aiutare a capire i flussi, i segmenti e come svilupparli».

Il secondo aspetto, secondo Beinat, riguarda le policy, per capire in che modo queste hanno gli effetti desiderati. «Per esempio, se si vuole estendere il turismo ai dintorni delle città d'arte i Big data offrono un modo di studiare i flussi e poi l'impatto delle policy effettuate. Uno strumento prima inesistente». E ancora nell'ambito del Thnk Amsterdam School of Creative Leadership - a cui collabora Beinat - sta emergendo il concetto di cittadinanza temporanea, nell'idea che i turisti possano essere visti come cittadini portatori di diritti. «Coi Big data - spiega Beinat - questo concetto potrà trovare applicazione. I turisti più frequenti possono essere analizzati, monitorati. E a loro possono essere proposti servizi o stimoli di conoscenza che li avvicinano di più ai residenti». In questo per avvicinare sempre più gli utenti ai servizi, in futuro le applicazioni saranno sempre più strategiche, andando a cogliere bisogni di un settore molto frammentato.

Resta poi aperta la questione di come interrogare i dati che, di per sé, non parlano. L'analisi sintattica studia i flussi, le loro dinamiche e le loro distribuzioni. L'analisi semantica punta invece a porre domande precise e significative. Al Politecnico di Milano si sta lavorando sulla web reputation. «Ci siamo resi conto che manca uno strumento per posizionare o riposizionare l'immagine di una destinazione, sia essa una singola meta o un intero paese» spiega Chiara Francalanci, docente di Sistemi informativi. Il Politecnico sta lavorando a un laboratorio congiunto con l'Università della Svizzera italiana, che a Lugano ospita una cattedra Unesco di Cultural Heritage Site. Andranno assieme ad analizzare il brand dei 981 siti culturali e naturali dell'Unesco per capire il loro posizionamento in rete e come questo cambi nel tempo.

«Il processo poi potrebbe essere applicato a ogni tipo di meta con conseguenze interessanti sulle policy - aggiunge Francalanci - Una volta analizzati tantissimi dati, si deve poi iniziare una fase essenziale di ascolto. Per esempio: se risulta che Milano ha tra i punti di forza riconosciuti la moda e il calcio, bisognerà creare eventi coerenti con questa web reputation, valorizzando ciò che c'è». Perché non va perso il punto di vista essenziale: i Big data sono un mezzo e non un fine. E una mole gigantesca di informazione rischia di essere confusiva. «Pensiamo alle recensioni di Tripadvisor. Per una voce 350 recensioni in ordine cronologico sono troppe, le persone non le leggono e guardano le stelline. Si pone il tema della summarization, con un'azione di filtro» aggiunge Francalanci.

L'anno scorso il Politecnico di Milano ha curata una piattaforma per la sentiment analysis per Formez e Promo Pa. Nell'arco di sei mesi sono stati analizzati milioni di post su Twitter (al 90%) e poi su Facebook, Lonely Planet e Tripadvisor. E un software di analisi semantica ha «digerito» tutto ciò che si diceva a proposito di sette città. Ora lo stesso Formez - centro servizi per l'ammodernamento delle Pa che risponde alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - sta pensando a un sistema informatico di web semantico da applicare al turismo. E il ministro Dario Franceschini ha firmato nei giorni scorsi il decreto che istituisce il Laboratorio per il Turismo Digitale che avrà il compito di definire e favorire l'attuazione della strategia digitale per il turismo. Chissà che i Big data non riescano, laddove nessuno è mai davvero riuscito: trasformare la grande promessa italiana, il turismo, in una vera e propria industria capace di generare tutta la ricchezza che merita. - Fonte: Il Sole 24 Ore (di Alessia Maccaferri)