Governo in campo, ultima mediazione
Il salvataggio della compagnia è una delle questioni in cui il premier ha messo la faccia. Ma è anche l'ultima spiaggia per il vettore che l'anno scorso ha perso 569 milioni di euro e continua a bruciare liquidità. Le beghe sindacali passano in secondo piano, il vero nodo in questo momento è il ruolo di Poste. Tutti sanno che senza il gruppo guidato da Francesco Caio il matrimonio tra Alitalia e la compagnia di Abu Dhabi salta. Ma nessuno dei protagonisti crede davvero che possa essere proprio l'azionista pubblico, entrato per evitare il fallimento di Alitalia al momento del precedente aumento di capitale, a mandare a monte un'operazione cruciale per il Paese alla vigilia dell'Expo, ma anche per le importanti ricadute occupazionali.
In gioco ci sono mille e cento miliardi di euro già pronti: 560 milioni derivanti dall'investimento di Etihad, 300 milioni di nuova finanza garantiti dalle banche, 250 milioni dell'aumento di capitale varato ieri. La richiesta iniziale di Caio di voler entrare direttamente nella newco, al fianco di Etihad con il 5% in cambio di un impegno di 40 milioni, è già rientrata perché impraticabile. Se Poste avesse preso il 5% della newco, la vecchia Alitalia sarebbe scesa al 46% e automaticamente Etihad sarebbe diventato il primo socio con il 49%, imponendo un patto parasociale tra i due soci italiani per garantire il controllo europeo della compagnia. Ma per conferire slot, società, permessi e quant'altro alla newco, Alitalia avrebbe dovuto chiedere nuovamente tutte le autorizzazioni perché non sarebbe stata più azionista di controllo al 51%. Oltre a far nascere problemi di consolidato fiscale.
La nuova proposta di creare una seconda newco, una terra di mezzo in cui la vecchia Alitalia conferirebbe la sua partecipazione e dove Poste entrerebbe con il 10% attraverso un aumento di capitale dedicato invece viene definita fantasmagorica e una complicazione non necessaria, che nessuno vuole. Caio fa sapere di essere disponibile ad aumentare il suo impegno da 40 fino a 60 milioni. Ma le banche, che hanno rinunciato a una parte sostanziosa dei loro debiti, sono furiose e ritengono inaccettabile la posizione delle Poste. Sarebbe un trattamento ingiusto degli azionisti: tutti hanno fatto sacrifici, perché Poste dovrebbe essere considerato un azionista di serie A? Qualche socio della compagnia dice che quella di Poste è un'impuntatura, una posizione negoziale per spuntare qualche condizione migliore, ma alla fine Caio farà un passo indietro. In fondo le Poste hanno approvato l'aumento di capitale e i conti all'assemblea di ieri, un bel passo avanti. - Fonte: Corriere della Sera (di Giuliana Ferraino)