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Genova, ecco il porto del futuro Opere per 2 miliardi di euro

Genova, ecco il porto del futuro Opere per 2 miliardi di euro

Il porto delle banchine trasformate in isole e delle nuove dighe ricostruite più a mare, per far spazio alle grandi navi. Il porto da 5-6 milioni di container movimentati ogni anno (il triplo di adesso) e due miliardi di investimenti (già inizia il balletto: chi paga?).

Ma, soprattutto, il porto che rispetto al passato è meno ingordo di nuove aree da sottrarre ai cittadini e impara a usare (meglio) gli spazi che ha, grazie alle tecnologie software che riducono i tempi di stazionamento della merce in banchina. A Palazzo San Giorgio, sede dell'Autorità portuale di Genova, ieri il presidente Luigi Merlo ha presentato il suo progetto di piano regolatore dello scalo che verrà. Il piano chiude il suo lungo mandato di otto anni e altri otto, come minimo, serviranno per tutti gli interventi previsti. «Se va bene - spiega l'approvazione del piano arriverà a inizio 2016». E lui, ma questo non lo dice, non ci sarà più se, come appare molto probabile, a maggio lascerà il suo posto con pochi mesi di anticipo rispetto la scadenza naturale e in concomitanza con l'arrivo alla guida della Regione della moglie, Raffaella Paita.

Le linee guida del piano presentato ieri sono essenzialmente due. La prima riguarda il rapporto dell'industria-porto con la città, da sempre conflittuale. Il piano, quando e se verrà realizzato, restituisce alla città oltre tre chilometri di fronti d'acqua e crea percorsi ciclo-pedonali fronte mare fino a otto chilometri. Questo grazie a due nuove isole che staccano le banchine del porto dalla città, una a Pra', nel Ponente e una a Levante, nell'area tra la Foce e il Porto Antico. La prima isola nascerà dalla trasformazione dell'attuale porto di Pra'. La seconda isola è quella pensata da Renzo Piano per l'area delle Riparazioni navali e della Fiera, che verrà fortemente ridotta rispetto l'attuale configurazione. La seconda linea guida del piano è l'adattamento alle nuove portacontainer che richiedono fondali più profondi e bacini di evoluzione maggiori.

Detto in altro modo, le dighe sono troppo vicine ai moli e non permettono alle navi di muoversi in sicurezza. Per questo verrà demolita e ricostruita più a mare la diga di Sampierdarena, un'opera che nel suo primo tratto fu avviata a fine Ottocento. Ma la stessa sorte toccherà anche a una parte della diga di Pra', che pure è nata in anni molto più recenti (parliamo degli anni Novanta del secolo scorso).

Tutto questo costerà due miliardi: chi paga? «Nello sblocca Italia noi abbiamo richiesto interventi per 1,1 miliardi: le dighe e il Blue print di Renzo Piano. Sono progetti che permettono alla portualità italiana di svoltare» ha spiegato Merlo ricordando che, complessivamente, i porti italiani hanno presentato domande per 11 miliardi. Di S.C.G. - Fonte: La Stampa