Etihad riapre il dossier Alitalia
La compagnia degli Emirati Arabi Uniti ha mostrato ieri un'apertura in una nuova lettera all'Alitalia, dopo aver lanciato l'ultimatum con una missiva del 16 aprile nella quale affermava che non c'erano le condizioni per proseguire il confronto. L'amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, aveva subito risposto e ieri è arrivata la lettera di James Hogan, a.d. di Etihad, che conferma le condizioni degli emiratini, ma dice che il confronto può riprendere.Non è la lettera d'intenti (né l'offerta) attesa a Roma da un mese per dare il via a una trattativa in esclusiva, ma comunque un segnale valutato in maniera positiva.
«È un grande passo avanti. Ci sono le condizioni per portare avanti il negoziato», ha commentato una fonte autorevole, pur riconoscendo che si tratta di «un passo necessario ma non sufficiente» per l'accordo. La strada da percorrere insomma è ancora lunga. Più lunga di quanto cerchi di far credere il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, dichiaratosi più volte ottimista. Ieri verso le 17 è stato Lupi a rivelare che c'era nuova posta da Etihad. «Cinque minuti fa l'a.d. Del Torchio ha comunicato che Etihad ha inviato la lettera ad Alitalia in cui ha risposto alle osservazioni della stessa Alitalia e credo che Alitalia stia valutando il contenuto delle proposte di Etihad», ha detto Lupi. «Del Torchio - ha aggiunto il ministro dei Trasporti - presenterà agli azionisti e al governo lo stato della trattativa che sta avanzando e noi crediamo che l'alleanza tra Etihad e Alitalia sia una buona alleanza per rilanciare il trasporto aereo in Italia e la nostra compagnia».
Una fonte di Etihad ha confermato la lettera, da Alitalia non ci sono state reazioni ufficiali. La missiva è all'attenzione del vertice della compagnia presieduta da Roberto Colaninno e delle banche creditrici e azioniste, soprattutto Intesa Sanpaolo e quindi UniCredit, come da Poste Italiane e dal governo. Ma cosa c'è scritto nella seconda lettera di Hogan? Chi l'ha letta sostiene che, nella forma, è una parziale retromarcia rispetto ai toni ultimativi della missiva precedente, ma nella sostanza alcune condizioni vengono poste in maniera ancora più dure. La prima condizione è il taglio del debito, Etihad (come già aveva chiesto Air France-Klm, prima di ritirarsi dall'aumento di capitale) chiede che almeno 400 milioni di debiti verso le banche, su un miliardo circa di debiti finanziari, vengano cancellati convertendoli in capitale.
La seconda condizione è una garanzia contro le responsabilità e pendenze legali (liability) insite nei primi cinque anni di Alitalia-Cai, in particolare il contenzioso con WindJet da 250 milioni e i rischi di ulteriori multe del fisco, dopo quelle comminate nel 2013, per gli aerei già di Air One o comunque forniti dalla Ap Fleet di Carlo Toto immatricolati in Irlanda, un paradiso fiscale. Una via che sarebbe stata valutata per separare il passato di Cai da una futura Alitalia targata Etihad sarebbe la nascita una nuova compagnia e trasformazione dell'attuale Cai in bad company in liquidazione, come fece Silvio Berlusconi con la vecchia Alitalia pubblica per far nascere la Cai: ipotesi esclusa da una fonte autorevole, perché richiederebbe una procedura concorsuale, tipo il concordato preventivo, per la Cai.
Terza condizione: gli esuberi, secondo gli arabi devono essere strutturali. Secondo una fonte autorevole gli esuberi sarebbero 2mila e non i 3mila di cui si parla, inoltre una parte dei piloti in eccesso potrebbe essere riassorbita da Etihad (ad Abu Dhabi). Poi il capitolo aeroporti, alta velocità ferroviaria e aumento dei voli a Linate. Etihad infine condiziona i potenziali impegni, un'iniezione da 300 a 550 milioni per avere il 40% di Alitalia, al via libera della Ue, che ha messo sotto osservazione questa e altre operazioni di compagnie extra-Ue perché non ci sia il controllo di fatto dei vettori non Ue.
Alitalia ieri ha incontrato i sindacati sul piano di risparmi del costo del lavoro per 128 milioni, annunciando - secondo la Filt-Cgil - che l'obiettivo di risparmi totali è stato alzato di 100 milioni a 400 milioni l'anno. Ma più che il costo del lavoro, la vera incognita è la resistenza delle banche e dei maggiori azionisti alle richieste di Etihad. - Fonte: Il Sole 24 Ore (di Gianni Dragoni)