Dubai vuole l aeroporto dei record
Davanti a un futuro promettente, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al-Maktoum, vice-presidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti, nonché governatore di Dubai, ha avallato il 9 settembre una somma di 32 miliardi di dollari per l'espansione dell'Al-Maktoum, il secondo aeroporto del Paese. Oggi può ospitare "solo" cinque milioni di viaggiatori. Dopo il completamento della sua prima fase, in sei-otto anni, la capacità dello scalo, distante 40 chilometri da Dubai, dovrebbe salire a 120 milioni. Cui si aggiungono i viaggiatori che transitano dall'aeroporto principale di Dubai International, che nel primo trimestre di quest'anno ha registrato 18,3 milioni di passeggeri, superando Heatrow e divenendo il più trafficato del mondo. Più che un aeroporto l'al-Maktum assumerà l'aspetto di una città, con i suoi 56 km quadrati (2/3 di Manhattan) di piste, e strutture all'avanguardia, congegnate per far viaggiare i visitatori in tempi rapidi da un capo all'altro dello uno scalo.
Ci vuole spazio, questa è la parola d'ordine. Lo ha ribadito in giugno Tim Clark, Ceo di Emirates: la maggiore minaccia all'imponente crescita della compagnia aerea più grande del mondo sarà proprio lo spazio limitato degli aeroporti. Quello di Dubai Int. non sarà più sufficiente a ospitare una flotta sempre più numerosa e composta da aerei più capienti, come i superjumbo A380. La compagnia sta vivendo una fase di grande sviluppo. Nel 2013 ha trasportato 44,5 milioni di passeggeri (+13% sul 2012). Se la crescita fosse mantenuta su questi livelli nel 2020 arriverebbe a 90 milioni. Oggi serve già 142 destinazioni in 80 Paesi.
«Il nuovo aeroporto - spiega Ferdinando Fiore, direttore dell'Ice di Dubai - si trova in una posizione strategica, vicino a una delle maggiori zone franche. E comunque in una posizione geografica che consente di essere una porta verso i mercati asiatici così come verso quelli africani. È anche un grande piano di espansione del trasporto commerciale». Dubai sta dunque scommettendo su un settore che in altre aree del mondo non gode di ottima salute. Paul Griffith, amministratore delegato di Dubai Airports, non sembra curarsene. Ha le idee chiare sul ruolo trainante che il trasporto aereo avrà sul futuro dell'Emirato più povero di petrolio (l'85% delle riserve di greggio si trovano ad Abu Dhabi), ma più ricco di servizi. Secondo le sue previsioni supporterà più di 322mila posti di lavoro e contribuirà per il 28% al Pil di Dubai nel 2020.
Ci sono altri motivi per essere ottimisti. Il vento delle primavere arabe che ha travolto le dittature di molti Paesi arabi ha provocato una fuga di capitali in un luogo ritenuto più sicuro come Dubai. «Un contesto mediorientale turbolento come quello di questi anni ha aiutato la ripresa - spiega Ferdinando Fiore - Dubai è divenuta una sorta di safe heaven per gli investimenti dell'area. Appena dopo lo scoppio delle primavere arabe sono aumentati quelli da Siria, Egitto, Tunisia, Pakistan, Afghanistan. Anche India e Russia stanno però investendo, come la Cina, impegnata in diversi grandi progetti immobiliari. Ma attenzione. In corso c'è anche un processo reale di crescita dell'economia».
Senza dubbio gli indicatori macroeconomici sono incoraggianti: a cominciare da quel prodotto interno lordo che dalla fine della crisi ha ripreso a crescere con tassi del 4,3% nel 2013. Le stime per l'anno in corso parlano del 4,4% e del 4,6 come media per il periodo 2014-2018. Gli emiri sono ancor più ottimisti. Il motivo, sottolineano, sono quei grandi progetti infrastrutturali già in corso e quelli che tra poco saranno approvati in vista dell'Expo 2020. Ecco perché a Dubai si è ripreso a costruire, quasi come un tempo, dimentichi di quanto sia accaduto solo cinque anni fa. Eppure più di qualcuno guarda con un profondo senso di inquietudine a quei prezzi degli immobili, che salgono giorno dopo giorno. Dopo aver perso il 60% circa durante la crisi, dal 2012 hanno recuperato quasi del tutto e non accennano a rallentare. Solo nel 2013 a Dubai i prezzi di mercato di nuove ville e appartamenti sono aumentati rispettivamente del 24% e del 38.
«Psicosi da bolla», aveva ribattuto il ministro dell'Economia Al Mansoori. Se arriveranno 25 milioni di visitatori per l'Expo, serviranno più alloggi, aveva precisato. In maggio il Fondo monetario internazionale aveva però invitato Dubai a valutare importanti misure correttive sul mercato onde placare, o almeno limitare, i pericolosi segnali di una seconda e ancor più grave bolla immobiliare. Le autorità locali assicurano che stanno facendo il possibile per evitare che la storia si ripeta. A Dubai le imposte sulla proprietà immobiliare sono rappresentate dalla tassa di trasferimento, salita al 4% del prezzo. «Nel 2006 e 2007 - conclude Fiore - si compravano e vendevano appartamenti solo sulla carta e nell'arco di un solo giorno. Pura speculazione. Ma ora le autorità di Dubai sono consapevoli dei rischi e stanno affrontando i problemi. L'aumento delle tasse sulle transazioni e le restrizioni sui mutui, che non possono più coprire il 100% del valore degli immobili, ne sono un esempio». Basterà tutto ciò a frenare la corsa dei prezzi? - Fonte: Il Sole 24 Ore (di Roberto Bongiorni)