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Doppia Tunisia: feste e balli sull'orlo dell'abisso del Califfato

Doppia Tunisia: feste e balli sull'orlo dell'abisso del Califfato

05 Maggio 2015

La paura dei tunisini che hanno l ' occhio puntato verso l ' Europa è quella di scivolare. Sprofondare in quell'abisso nero fatto di violenze continue e di un Islam piegato alla follia di chi sogna neri califfati. Essere risucchiati nel Medioevo, perdere le libertà e i sogni conquistati con la rivoluzione dei gelsomini. "Safe Safe Café", località la Marsa, spiagge belle, hotel di lusso e case bianche a diciotto chilometri da Tunisi.

È uno dei più antichi café del posto, con i suoi duecento anni di storia. Turisti, pochi, e tantissime famiglie tunisine a godersi un po' di pace sorseggiando un thé alla menta con i pinoli e chiacchierando. I bambini giocano con Fathia una bellissima dromedaria di razza mehari di diciassette anni. Legata con una corda ad una ruota di legno, il suo compito è quello di girare intorno a un pozzo e tirar su l'acqua. La lotta (civile) di Hakim Bahri " Questo caffè è un pezzo della storia di Tunisi, li vedi questi spazi, il giardino con i tavolini, le tre sale dove chi vuole un po ' di tranquillità può venire a farsi una partita a cairuan, abbiamo fatto in modo che ogni cosa fosse come era prima. Eppure potevamo sbaraccare tutto, costruire un albergo, uno di quei residence per turisti con un po ' di euro in tasca che offrono buon cibo, ottimi hammam e mare limpido. Ai tempi di Ben-Alì era facile, bastava pagare un po ' di mazzette ed era fatta. Ma noi abbiamo voluto preservare questo posto così com'era, e soprattutto salvaguardare la sua autenticità e la sua filosofia.

Te la riassumo così: pace e integrazione. Ci sei tu seduto al tavolo, quel gruppo di turisti tedeschi più avanti che mangiano un brik con l ' uovo e il tonno, e tante famiglie semplici di tunisini. Ci sono quelle ragazze in minigonna che tormentano un cellulare, le stesse che puoi trovare passeggiando per Roma, e quelle che liberamente hanno deciso di indossare lo hijab, il velo. Bourguiba, il padre della Tunisia moderna, ne vietò l'uso negli uffici pubblici, dopo la rivoluzione è ricomparso. Chi vuole lo può portare, ma senza imposizioni ".

Hakim Bahri è un giovane uomo proprietario e anima del "Safe Safe Café", parla un perfetto italiano e nella testa gli frullano idee socialiste. Ripete spesso la parola tolleranza, soprattutto quando parla dell'Islam e della politica. " Noi - continua Hakim - siamo un Paese in transizione, vogliamo dimostrare al mondo e ai tanti amici che abbiamo soprattutto in Europa, e voi italiani siete al primo posto, che ce la possiamo fare. Vogliamo dimostrarvi che la nostra rivoluzione non è fallita o finita nel sangue come in Siria e in Libia, oppure trasformatasi in un dittatura militare come in Egitto, che la democrazia è possibile anche qui. La nostra scommessa è quella di coniugare un Islam politico moderato con le regole di una democrazia moderna. È una scommessa, ma la vinceremo " . Hakim non si nasconde i problemi, l'attacco del 18 marzo scorso al Museo del Bardo ha fatto crescere la tensione nell ' intera Tunisia e soprattutto messo in crisi quella che è una maggiori voci di entrata dell ' economia del Paese, il turismo. L'economia va male. "Il nostro modello non può essere quello americano" "In questi anni si sé allargata la forbice tra chi ha poco e chi ha tanto, e questo è un problema che riguarda la tenuta del Paese - continua Bahri - Gli ideologi del Califfato pescano nelle zone più povere, tra quei giovani che non hanno prospettive e non vedono un futuro.

I terroristi del Bardo erano tunisini, e questo è un problema nostro su cui aprire una lunga riflessione. Spero che le forze liberali che oggi sono al governo del Paese capiscano che il nostro modello sociale non può essere quello americano, francese o italiano, noi abbiamo bisogno di ridistribuire la ricchezza e di invertire il modello territoriale di sviluppo imposto da Ben-Alì che col turismo di massa ha privilegiato le zone costiere a svantaggio di quelle più interne. E anche gli imprenditori tunisini devono capire che si cresce se cresce la gente e l ' in tera Tunisia. La società civile vuole partecipare, intervenire sui processi politici.

Un esempio?

Tempo fa una deputata di queste parti aveva costruito un piano in più sulla sua villa con vista sul mare, un abuso edilizio, direste voi in Italia. Ci siamo mossi, la gente ha protestato ed è scesa in piazza, abbiamo firmato appelli e petizioni e alla fine quel piano è stato abbattuto. Una piccola cosa, ma importante per noi perché è la dimostrazione che la gente può vincere " . Lasciamo il " Safe-Safe Café " , Hakim e la dromedaria Fathia che mostra i denti ad un gruppo di bambini intenti ad ingozzarla di caramelle.

Siamo al Museo del Bardo, qui il 18 marzo i terroristi della brigata " Okba Ibn Nafaa " , hanno lasciato a terra 22 morti. Stranieri. " Cercavano proprio loro - ci dice la guida Salah Matmati - . Io quel giorno c ' ero, insieme ai miei colleghi salvammo altri turisti facendoli nascondere negli uffici dell ' amministrazione " . È passato poco più di un mese e il Museo è sorvegliatissimo. Polizia in tenuta antiguerriglia, metal detector all'ingresso e dodici visitatori stranieri. Tanti ne contiamo. Sono ammaliati dal mosaico di " Ulisse e le sirene " e non vedranno mai le mura della stanza dove sono stati uccisi i terroristi dopo uno scontro feroce con la polizia. Le pareti crivellate di colpi di mitra, le porte di ferro piegate dalle bombe a mano, le teche dei reperti sfregiate dai colpi di kalashnikov.

I visitatori sono pochi per un turismo calato a picco e che già prima dell ' attacco al Bardo registrava un 6,8 per cento di entrate in meno. " Vogliono sconfiggerci con la paura, allontanare il mondo da noi - ci dice Nabil Bziouiech, capo di gabinetto del Ministero del Turismo - ma non ci riusciranno ". 11 aprile del 2002: la strage di Al Qaeda La prossima tappa per dimostrare che la Tunisia non è un Paese pericoloso e da evitare è la più impegnativa. Il pellegrinaggio degli ebrei a Djerba il 6 e 7 maggio alla sinagoga di El Ghriba, la più antica del mondo, per festeggiare il trentatreesimo giorno della Pasqua ebraica. Qui l ' 11 aprile del 2002 Al Qaeda fece esplodere un camion cisterna che uccise 19 persone, 14 tedeschi, quattro tunisini e un francese. " Il pellegrinaggio si farà e tutto andrà bene " , ci assicurano al ministero dell ' Interno.

Periferia di Tunisi, quartier generale Gvc, una ong di Bologna che in Tunisia si occupa del progetto Periferie attive. Parla Damiano Duchemin. " Stiamo lavorando a Sidi Bouzid, la città di Mohamed Bouazizi, il venditore ambulante che col suo sacrificio, maltrattato dalla polizia si diede fuoco davanti alla sede del governatorato, segnò l'inizio della rivoluzione. Abbiamo costruito tre media center con le associazioni locali. Giovani e donne imparano l'uso di intenet, costruiscono blog e partecipano alla vita civile del Paese. Si organizzano e si ribellano. Siamo nell'area più depressa del Paese, qui il tasso di disoccupazione è al 30 per cento, insomma è un terreno fertile per gli jihadisti. La gente ci racconta di come subito dopo la rivoluzione i gruppi salafiti cominciarono a penetrare mostrandosi col volto benevolo di chi pagava spese sanitarie, matrimoni, piccoli investimenti, nel frattempo crescevano le scuole coraniche. Il terrorismo lo vinci se allarghi la partecipazione della società civile e lotti contro la povertà e le disparità sociali " . L ' ex deputato con alle spalle 16 anni di galera Parliamo di islam politico e degli errori che " Ennahda " (il partito di ispirazione islamista che ha governato la Tunisia per tre anni dopo la rivoluzione) con il deputato Ridha Saidi ex ministro dell ' Economia.

È un uomo sulla cinquantina, uno studioso che ai tempi di Ben-Alì si fece 16 anni di galera per le sue idee. Con lui possiamo essere franchi e diretti e parlare degli spazi eccessivi che il suo partito quando era al governo ha concesso alle correnti salafite. Ridaha Saidi ci guarda e ci invita a riflettere. " Come lei sa in tutti i movimenti ci sono correnti estremiste e correnti moderate. I salafiti sono gruppi che non hanno legami con la Tunisia moderna e con l ' Islam politico moderato. Ma sono radicati nelle zone più interne e povere del Paese e nelle periferie delle città, e questo è un problema. Noi siamo al governo con partiti di ispirazione laica, per noi la diversità è una ricchezza, per questo condanniamo il terrorismo e le idee dei salafiti. Personalmente ho passato 16 anni della mia gioventù in carcere, una volta libero e al governo non ho mai esercitato violenze contro nessuno, lo spirito della vendetta non mi ha preso l ' anima ".

Il sussidiario, economia traino turistico.

La Tunisia si colloca all'81º posto nel mondo con un Pil nominale di 45.407 milioni di dollari; negli anni 90 l'economia è cresciuta in media del 5% tanto che il paese ha oggi un sistema economico diversificato che va dall'agricoltura, al settore industriale fino al turismo che rappresenta circa il 7% dell ' intero Pil.

All'etero tra Francia e Italia.

I tunisini residenti all'estero sono circa 1 milione, la maggior parte dei quali in Europa, in Francia (61.028 nel 1968; 598.504 nel 2009) ed in Italia (48.909 nel 1998; 152.721 nel 2009).

Di E.F.- Fonte: Il Fatto Quotidiano