Dagli imprenditori la richiesta di uno scatto
Domenica, intervistato in televisione da Lucia Annunziata, il presidente di Confindustria non solo ha chiesto più coraggio all'esecutivo, ma si è spinto oltre: «O si cambia passo con il governo esistente o andiamo a votare». È importante la stabilità, ma è anche necessario agire «con più coraggio» per uscire dalla crisi. Ed oggi, in un'audizione in Parlamento sulla semplificazione, ribadirà la necessità di rimuovere gli intralci ingiustificati all'attività d'impresa per rilanciare l'occupazione. Semplificare, secondo Confindustria, dirà Squinzi, significa riprogrammare le politiche pubbliche, rimettendo al centro l'impresa come motore dello sviluppo.
«Squinzi ha estremamente ragione. Questo governo deve darsi una mossa ma nel breve termine: inizialmente ha avuto il nostro appoggio perché c'erano i presupposti per fare le riforme. C'è un malessere diffuso soprattutto per il livello di tassazione», ha commentato ieri il numero uno di Confindustria Liguria, Sandro Cepollina. «Il presidente Squinzi non ha fatto altro che dire ciò che sosteniamo da mesi: o il governo è incisivo nelle decisioni oppure non se ne esce. Squinzi e tutto il mondo imprenditoriale sono a favore della stabilità, ma non dell'immobilismo. Dobbiamo recuperare 20 anni di ritardi», incalza Alberto Scanu, presidente Confindustria Sardegna.
Sono i numeri secondo il presidente di Confindustria che «non ci permettono di guardare al futuro con ottimismo», e cioè la crescita nel 2014 di appena uno 0,6-0,7% di Pil che non consente di creare occupazione, e la prospettiva indicata dal Centro studi di tornare al livello del 2007 nel 2021. Affermazioni alle quali il presidente del Consiglio, Enrico Letta, in viaggio in Medio Oriente, ha replicato a caldo: «È bene che ognuno faccia il suo mestiere, che Confindustria aiuti il Pil del paese. Sono convinto che i dati giusti siano quelli del governo».
È la realtà quotidiana, con un total tax rate che sfiora il 70%, un cuneo fiscale tra i più alti del Paesi industrializzati, una burocrazia che fa incagliare gli investimenti la cartina di tornasole di quanto sia duro essere competitivi. «Squinzi dichiarerà che siamo fuori dalla crisi quando vedrà le nostre imprese, soprattutto le piccole e medie, che trovano finanziamenti in banca, che riescono ad assumere e che aumentano i fatturati», è il commento di Giuseppe Recchi, presidente dell'Eni e delegato di Confindustria per gli investitori esteri. «L'incertezza è un deterrente e non è solo incertezza politica: è soprattutto incertezza dei programmi, delle regole, se arriva una patrimoniale, l'Imu o la Tarsi. I fondamentali a livello internazionale ci dicono che la crisi è finita, ma quando la fiducia sarà sentita anche in Italia si potrà dire che siamo fuori».
Non siamo fuori per Marco Venturi, presidente di Rete Imprese Italia (artigiani e commercianti): «nel 2013 hanno chiuso 370mila imprese. Il governo ha senso se riesce a dare risposte, se non ci riesce non sono alternative alle elezioni», ha detto Venturi, che per il 18 febbraio porterà in piazza a Roma 25-30mila imprenditori. «Ha ragione Squinzi a dire che le imprese italiane operano in una situazione complicata. Il Parlamento deve cominciare a lavorare a favore delle imprese. Il costo del lavoro, per esempio, è sempre più difficile da sostenere: aiutando le imprese ripartono l'industria, i consumi e si riattiva il paese», è il parere di Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi.
Che il governo debba «cambiare passo» ieri lo ha rimarcato anche la leader della Cgil, Susanna Camusso: «Lo andiamo dicendo anche da più tempo. Ognuno comunque faccia la sua parte, anche perché vorrei vedere le risposte: a favore della ripresa e dell'occupazione. O si fanno scelte che si dedicano al lavoro o certo non saremo noi a difendere questo governo». - Fonte: Il Sole 24 Ore (di Nicoletta Picchio)