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Come cambia la geografia del turismo

Come cambia la geografia del turismo

13 Ottobre 2015
Sul sito della Farnesina al momento, mentre stiamo scrivendo, non c’è nessuna allerta. Ma l’orrenda strage di Ankara che ha massacrato circa cento (le cifre non sono ancora esatte) manifestanti per la pace in Turchia – oltre a sconvolgere coscienze ed emozioni – si presume che avrà ripercussioni anche su un turismo che, a dire il vero, aveva già subito delle contrazioni dovute agli altri attentati nel Paese e all’incertezza dell’area. Un altro Paese vittima degli stravolgimenti della geopolitica.

Sia ben chiaro: il turismo è in crescita e si conferma come uno dei primi tre settori economici del mondo. Nella Giornata mondiale del turismo del 27 settembre l’Unwto ha parlato di due miliardi di viaggiatori entro il 2030. Ma i Paesi da visitare diminuiscono. Le guerre, il terrorismo, l’avanzare dell’Isis espandono e moltiplicano la sensazione di insicurezza e paura. Chi si sognerebbe più, nel 2015, di progettare viaggi in zone che fino a pochi anni fa, talvolta fino a pochissimi anni fa, trainavano immaginari letterari e cataloghi di tour operator? La Siria di Palmira, lo Yemen di Pasolini, la Libia di Leptis Magna. E, si potrebbero aggiungere Iraq, Afghanistan, Pakistan, Corno d’Africa, Sudan, Congo.

In forte difficoltà anche destinazioni per noi familiari (per noi, ovvero per quei 9,7 milioni di italiani che, secondo l’osservatorio Bit, nel 2013 hanno fatto un viaggio outbound), tra gli altri, Egitto (alla vigilia di un forte piano di rilancio attraverso la comunicazione affidata alla J.Walter Thompson e che verrà presentata al WTM di Londra) e Tunisia.

Il turismo genera il 9% del Pil globale e un posto di lavoro ogni undici. Ma per alcuni Paesi – come ad esempio Thailandia e Tunisia – è il perno intorno al quale ruota tutta l’economia nazionale. Ecco perchè il terrorismo, Isis in primis, che mira a rendere vulnerabili i suoi “nemici”, continua ad attaccare chi viaggia. È vero d’altra parte che nuovi mercati stanno aprendo porte e nuove strutture per rispondere all’innata fame di conoscenza e spostamento dell’uomo, da Cuba (qui ad approfittarne sono soprattutto gli americani) all’Iran. Insomma i confini della mappa del turismo mondiale vanno ridisegnati. Magari a matita leggera perché ogni giorno possono capitare, anzi capitano come è successo ad Ankara una manciata di ore fa, degli avvenimenti – in positivo o negativo – che la ridefiniscono e la riassestano.

Tra paure e speranze
Mettere insieme psicologia, previsioni e investimenti (da parte dell’industria turistica) non è facile. La paura del Grexit aveva fatto temere per la Grecia che invece, forse proprio per essere stata così al centro delle news o forse per solidarietà, ha vissuto una delle ultime migliori stagioni. Che potrebbe essere rimessa in bilico dalle notizie di questi giorni della fine dell’esenzione dall’Iva per le isole greche. O ancora chi si ricorda più dell’Ebola che ha fatto saltare, per ignoranza di geografia, intere economie turistiche del continente, o degli attentati di questo inizio estate ai templi di Bangkok?

Certo esistono dei “modelli” di riferimento. Per esempio, secondo il World Travel & Tourism Council, è tra gli 8 e i 26 mesi il tempo che serve a una destinazione per riprendersi da una bomba o da un disastro naturale. Ma anche qui dipende dalla meta. Per esempio, come aveva pronosticato in giugno Enrico Ducrot, a.d. dei Viaggi dell’Elefante, in un’intervista a La Stampa: «Alla Thailandia potrebbero bastare due o tre mesi, perché già in passato si è dimostrata capace di rialzarsi. In genere il terrorismo richiede più tempo, perché la percezione pubblica è fondamentale. I turisti tornano se hanno fiducia nella capacità del governo di riportare la sicurezza». Al contrario la povera Tunisia, che si stava riprendendo faticosamente dall’attentato al Bardo, una mazzata come quella della strage di Sousse farà probabilmente fatica a riassorbirla velocemente. La speranza è che il Nobel per la pace alla Rivoluzione dei gelsomini funzioni da volano.

Per i t.o., non è facile rincorrere questa fluidità della geografia geopolitica. Ma da qualche anno ci stanno provando attraverso una diversificazione accentuata dei cataloghi. Per esempio Turbanitalia, nato come specialista proprio della Turchia, già da tre anni sta spingendo verso altre mete: «Soprattutto Sri Lanka e Oman ci stanno dando grandi soddisfazioni – considera il direttore generale Graziano Binaghi –  i nostri clienti che apprezzano l’aspetto culturale del viaggio sono anche attratti da Iran e Armenia».

«Non possiamo snaturarci – è il commento di Ducrot – ma negli ultimi anni abbiamo dovuto togliere più di un Paese dai nostri programmi. Restano per fortuna luoghi simili a quelli off limits e dove non ci sono particolari problemi: nazioni come Iran, Giordania, Armenia e Marocco, che teniamo nella nostra offerta».

Pier Ezhaya di Alpitour lamenta la caduta libera della Tunisia, compensata però dal +30% della Grecia e dal +32% delle Baleari. Novità dell’imminente inverno saranno i Caraibi e l’Oriente, con il ritorno di Thailandia e Bali, una destinazione quest’ultima che secondo Andrea Moscardini, direttore commerciale di Francorosso, «deve diventare una delle mete privilegiate del turismo organizzato del nostro Paese». Per i prossimi mesi il gruppo punta anche su Sri Lanka e Oman mentre, tra le novità all’orizzonte, c’è Cuba, dove Alpitour, in collaborazione con Press Tours, ha già realizzato importanti risultati estivi cercando mete insolite oltre quelle leisure tradizionali. Ezhaya spera anche in un’azione congiunta tra mercato italiano e ente del turismo per recuperare un mercato come l’Egitto, «fondamentale per tutto il tour operating di casa nostra».

I confini si spostano verso Oriente

«La geografia del turismo si modifica velocissimamente, soprattutto per chi, come noi, propone viaggi legati alla cultura, alla storia e alla tradizione dei luoghi», considera Andrea Alessandrelli, product manager di Go Asia, operatore che organizza sia viaggi di gruppo su itinerari classici che su misura, religiosi, archeologici o in bicicletta.

«Con la chiusura di alcune aree dell’Asia Centrale e mediorientale, i confini orientali si stanno spostando sempre più a est – riprende Alessandrelli – Eccezion fatta per Iran, e soprattutto Emirati che vengono percepiti come sicuri. Tiene bene il sud est asiatico, Thailandia, Indonesia, Malesia, Vietnam, Laos e Cambogia ed è tornato anche il Giappone, dopo un anno di blocco dovuto al disastro nucleare».
Accanto a mete evergreen come l’America («è nel nostro Dna e comunque offre tanto»), Sud e Centro America (Perù, Cile, Argentina, Brasile, Cuba) e l’India, l’operatore marchigiano non si spiega la chiusura sulla Giordania: «È bellissima, offre luoghi di incredibile appeal – Petra da sola vale il viaggio – non c’è terrorismo e costa poco: eppure lo scorso hanno ho ‘mandato’ solo 60 passeggeri». Al contrario sta andando molto bene l’Azerbaigian: «Inspiegabilmente, almeno per me. Sarà l’effetto Giochi mondiali di Baku», conclude Alessandrelli.

New entry per i tour culturali

Anche Massimo Taddei, titolare di Yana Tour Operator, che ha una sede fisica a Empoli ma lavora prevalentemente online e che è specializzato in viaggi di cultura, storia e tradizioni dei popoli, rileva la chiusura di molte mete “culturali”: «Una chiusura drammatica per questa nicchia che coinvolge anche destinazioni, come ad esempio il Marocco, che non hanno problemi di sicurezza specifici, ma che vengono vissute come potenzialmente pericolose perché associate a destinazioni come la Tunisia o addirittura alla Siria o allo Yemen». L’operatore toscano sta potenziando le proprie proposte in Iran «Paese che ci sta dando grandi soddisfazioni e dove stiamo dando una mano, per la parte tour operating, a Paolo Barghini, campione maratoneta, nell’organizzazione dell’Iranian Silk Road Ultramarathon, una maratona mondiale nel deserto iraniano. La prima edizione di quella che è destinata a diventare un grande classico, si svolgerà nel variegato e bellissimo deserto persiano, nella zona di Kerman, dal 1° al 7 maggio prossimi, lungo un percorso di 250 km».

E pensare che l’Iran era fino a qualche anno fa una meta poco considerata: è la sola repubblica islamica del pianeta con le donne che devono coprire il capo per legge e questo è vissuto dall’Occidente come ostile e pericoloso. Ma, nel vorticoso balletto della ridefinizione della mappa, grazie anche alle nuove aperture e al procedere verso la fine delle sanzioni, sta tornando alla ribalta l’antica faccia del Paese. Che viene rivisto di nuovo come Persia, la Persia delle Mille e una notte, la Persia dei poeti Hafez e Khayyām, quella dell’università più antica del pianeta. Non più come paese arabo (e potenzialmente pericoloso), ma come una delle nazioni più sofisticate, ricche e culturalmente evolute dell’Asia. Parafrasando una celebre battuta di Humprey Bogart in L’ultima minaccia, verrebbe da dire “È la fluidità della geografia del turismo, bellezza!”. - di Maria Paola Quaglia