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Bufera sul fuel surcharge, l'Uftaa dice basta

Bufera sul fuel surcharge, l'Uftaa dice basta

È di nuovo bufera sul fuel surcharge, uno dei balzelli più odiati e contestati nel trasporto aereo. Nell’ormai lontano 2012, quando il prezzo del petrolio balzò a 110 dollari al barile, le compagnie aeree compatte pensarono bene di introdurlo come tassa fissa. A distanza di tre anni, con il prezzo del greggio crollato a 40 dollari al barile, il supplemento carburante è mantenuto come voce fissa nella struttura tariffaria. È un po' quello che succede con la benzina: impensabile aspettarsi un drastico taglio del prezzo, nonostante il forte ribasso del prezzo-barile, poiché ormai è un prezioso scrigno per lo Stato.

E allora? Inutile girarci intorno: i vettori hanno trovato il modo per far cassa, e la cuccagna continua. Gli oltre 6,5 miliardi di dollari di utili orgogliosamente sbandierati dalle compagnie nell’ultima stagione operativa, vengono in buona parte da quel balzello. Ma c’è di più. Come riflette Mario Bevacqua, past president Uftaa, da anni "in trincea" contro certe arroganze della Iata e delle stesse aerolinee, in alcuni Paesi (non in Italia) il fuel surcharge sarebbe esentasse.

Dunque, a quella che l’Uftaa continua a definire una «vergognosa e immotivata tassa a danno dei passeggeri», si aggiungerebbe «la beffa di un regalo fiscale da cui i vettori si guardano bene dal rinunciare, anche alla luce dei piani di investimenti che molte compagnie hanno annunciato per il rinnovamento delle flotte e che si traducono in decine di miliardi di dollari.

«Al prossimo congresso annuale dell’Uftaa, che si terrà a Bruxelles l'8 e 9 novembre e che verrà aperto dal presidente della Commissione Ue per i Trasporti, farò presente questa scandalosa vicenda che colpisce duramente i passeggeri-utenti aerei. E sono convinto che pochi parlamentari europei sono al corrente di questa vicenda», anticipa Bevacqua.

Da parte sua Iata, che rappresenta oltre 270 vettori nel mondo, ribadisce che la regolamentazione del fuel surcharge è sopposto ai regimi fscali nazionali e quindi ciascun Paese si regola secondo le proprie normative. «Ma non tutti sanno che – prosegue Bevacqua – il fuel surcharge non rientra nella struttura tariffaria del biglietto, bensì è stato scorporato ad arte».

Da parte loro, le compagnie aeree si difendono puntando il dito contro quei governi, incluso quello italiano, che hanno iniziato da tempo ad aggregare al costo del biglietto aereo, una serie di tasse e balzelli che hanno fatto lievitari certe tariffe.

Umberto Solimeno, presidente di Ibar, associazione che rappresenta compagnie aeree operanti in Italia precisa: «Ben pochi sono a conoscenza dell’esatta struttura tariffaria di un biglietto aereo: il 55% è generato dalle tasse, aeroportuali e comunali. Una recente inchiesta di settore ha appurato che su un  ticket nazionale l’incidenza delle tasse supera ormai il 40%, su un biglietto internazionale supera il 20%, su uno intercontinentale si attesta sul 12%. In più bisogna considerare che sulle tasse aggregate si deve pagare l’Iva. A conti fatti, senza tutti questi balzelli, un biglietto aereo al passeggero potrebbe costare un buon 45-55% in meno del costo reale». - di Andrea Lovelock - Fonte: L'Agenzia di Viaggi.it