Boom di presenze in Grecia e la 'ricca' Italia retrocede
La stessa Grecia, che in quattro anni ha perso un quarto del suo Pil, fa registrare decisi progressi nel settore del turismo, mentre in Italia domina ovunque il segno meno. Nel 2013, nonostante a livello continentale si sia registrato un progresso, l'Italia ha fatto registrare un calo del 4,6% dei pernottamenti a 363 milioni. In base ai dati rilasciati da Eurostat i 28 Paesi dell'Unione Europea hanno fatto registrare complessivamente un aumento dell 1,2% rispetto al 2012 con2,6 miliar di di pernottamenti. La Francia resta il leader incontrastato (405 milioni di notti con un aumento dell'1,1%), seguita dalla Spagna (387 milioni con un +1%) e dall'Italia. Il vero boom è stato fatto segnare dalla Grecia (+11%), seguita da alcuni Paesi dell'Europa dell'Est (Lettonia +7,3%) Bulgaria +6,2%, Slovacchia +5,5% e Ungheria +5,0%) e dalla Gran Bretagna (+6,5%).
Sempre a livello europeo, l'aumento delle notti è dovuto principalmente alla crescita di quelle trascorse dai non residenti in molti stati membri (45% media Ue): le più alte percentuali sono per Malta e Cipro (rispettivamente 96% e 93%), poi Croazia (92%), Grecia (79%) ma anche Austria (71%) e Lettonia (70%). Gli aumenti maggiori di numero di pernottamenti effettuati da turisti stranieri sono stati registrati in Gran Bretagna (+16,7%), Grecia (+13,2%, record anche per crescita dei turisti nazionali, +6,7%) e Lettonia (+9,4%). L'Italia ha registrato un calo, seppur lieve, dei non residenti (0,5%), ma soprattutto una significativa diminuzione del turismo nazionale (-8,3%). Secondo il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, «i segnali di ripresa registrati su alcune piazze, dovuti soprattutto all'apporto della clientela internazionale, inducono gli imprenditori a non mollare la presa, anche se lo stato di sofferenza generale purtroppo non si attenua. Con il RevPar (Revenue per available room, fatturato generato per camera disponibile, ndr) sotto i livelli del 2007 e un'opprimente progressione dei costi di gestione e delle tasse, la fine del tunnel è ancora lontana». A breve a dare sostegno al settore turistico italiano dovrebbe arrivare un pacchetto di misure approntate dal governo di Enrico Letta, una mossa da tempo invocata dalla stessa Federalberghi.
Secondo quanto anticipato dal sottosegretario del ministero Beni Culturali e Turismo, Simonetta Giordani, il pacchetto di provvedimenti includerà il rafforzamento dell'Enit e l'affidamento della gestione del portale del turismo all'agenzia per favorire la promozione digitale della destinazione Italia, sgravi fiscali e un sistema di "burocrazia zero" per rilanciare le imprese ricettive, il buono vacanza "come prima misura di sostegno", l'investimento sulla formazione attraverso tirocini formativi. Resta però il dubbio se queste misure saranno sufficienti a far invertire la rotta al settore. Un altro importante indicatore della crisi del turismo italiano arriva infatti da Piazza Affari. Sulla Borsa milanese è quotato solo un operatore turistico, "I Grandi Viaggi", e per giunta se la passa tutt'altro che bene. Questo significa che, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, le società italiane che operano nel settore del turismo devono fare affidamento quasi esclusivamente al credito bancario per finanziare la propria operatività e le strategie di crescita. E, vista la difficoltà con cui viene erogato il credito, è facile intuire la gravità della situazione.
Inoltre, strumenti di nuova creazione come i minibond non sono in grado di sostituire i finanziamenti che le società possono raccogliere in Borsa o presso le banche. I titoli della società "I Grandi Viaggi" vengono scambiati a 0,5 euro (per una capitalizzazione di 20 milioni), un valore in netta crescita rispetto a un anno fa (+32%) ma in forte calo rispetto a tre anni fa (-50%). Tra l'altro le prospettive borsistiche del gruppo non sono molto esaltanti, almeno a sentire gli analisti di Banca Akros. Il target price è stato fissato a 0,55 euro, quindi poco sopra i livelli attuali. Secondo la banca d'affari i risultati dell'anno fiscale appena chiuso "non sono stati buoni" e le uniche note positive vengono dal contenimento dei costi. Nei dodici mesi il fatturato è sceso del 9% a 61,3 milioni di euro, mentre la perdita netta è salita a 7,6 milioni dai 6,2 milioni dell'esercizio precedente. Qualche miglioramento si è invece registrato a livello di margine operativo lordo che è passato da un rosso di 2,6 milioni a uno di 2,1 milioni.
Il settore del turismo non ha mai avuto una grande tradizione a Piazza Affari. Molti big, come Alpitour per esempio, non si sono mai quotati, mentre per alcuni investitori resta fresca la ferita del fallimento dei Viaggi del Ventaglio. Sulle altre Borse europee i titoli del turismo hanno ben altro peso. A Parigi e Francoforte sono rispettivamente quotati due colossi come Club Méditerranée e Tui, che capitalizzano 550 milioni di euro e 3 miliardi. Tui è il più grande tour operator al mondo con più di 157 mila posti letti e una flotta aerea di 100 unità. La società di Hannover può certamente contare sulla grande propensione ai viaggi degli 80 milioni di tedeschi ma fa affidamento anche su un'ottima gestione. Nel corso degli anni Duemila l'allora amministratore delegato Michael Frenzel ha trasformato il gruppo da un conglomerato industriale a una società attiva solo nel settore del turismo. Tui ha chiuso l'ultimo esercizio (2012-2013) con un giro d'affari di 18,5 miliardi di euro e un utile per azione di 54 centesimi, a cui corrisponde un rapporto fra prezzo e utili di 19. Con questi numeri a Piazza Affari sarebbe subito inclusa nell'indice delle blue chips, mentre a Francoforte si deve accontentare di far parte dell'Mdax, l'indice delle imprese a media capitalizzazione. - Fonte: Affari & Finanza (di Marco Frojo)