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Arrivano più soldi dai soci

Arrivano più soldi dai soci

Non a caso, i soci di Cai, la holding chiamata a ricapitalizzare Alitalia, ieri hanno accettato di rimettere mano al portafogli e predisporre un ulteriore aumento di capitale da 50 milioni di euro. Com'è noto l'assemblea del 25 luglio ha approvato un aumento da 250 milioni. La voragine nei conti del vettore richiede ulteriori risorse che Etihad, pronta a investire 560 milioni di euro sull'attività futura, non ha alcuna intenzione di sborsare. Il timore dei soci, in assenza dell'accordo nelle prossime ore, è di vedersi costretti a iniettare di continuo capitale dentro la compagnia. Ecco perché già oggi verrà convocato a stretto giro (entro il fine settimana)il consiglio di amministrazione a cui seguirà una nuova assemblea. L'obiettivo è deliberare l'ulteriore ricapitalizzazione entro il 5 agosto e chiudere con Hogan, scongiurando altre richieste di denaro.

I prossimi giorni saranno necessari a reperire i soldi che mancano all'appello. Ieri al vertice a Palazzo Chigi tra i vari attori della partita si è tenuta una prima conta. Durante l'incontro, a cui hanno partecipato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, per Alitalia l'amministratore delegato Gabriele Del Torchio, l'amministratore delegato di Poste, Francesco Caio, il direttore finanziario di Atlantia, Giancarlo Guenzi, in collegamento telefonico il numero uno di Unicredit, Federico Ghizzoni, e il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, il conteggio delle risorse disponibili sarebbe arrivato a quota 294 milioni di euro. Nel dettaglio, Unicredit metterà 57 milioni, Intesa farà la sua parte con 85 milioni, a cui vanno aggiunti i 57 milioni di Atlantia e i 25 milioni di Roberto Colaninno e altri soci. Totale 224 milioni a cui vanno aggiunti i soldi che dovrà versare Poste Italiane. Caio, dopo l'ennesimo sfibrante negoziato, ha aumentato l'importo dagli iniziali 40 a 70 milioni di euro (5 milioni in più rispetto a due giorni fa). Su una questione però è irremovibile: quei soldi non intende investirli nella vecchia Alitalia, garantendo debiti e contenziosi pregressi. Le argomentazioni di Caio poggiano su basi chiare.

Il rischio che l'investimento si configuri come aiuto di Stato e la necessità di sottoscrivere un'operazione credibile in vista della quotazione in borsa di Poste. Argomenti che, tuttavia, non hanno finora superato l'ostacolo degli altri soci, a cui non va l'idea di un trattamento di favore per il gruppo postale. E' questo, del resto, un aspetto cruciale su cui chiede chiarezza lo stesso Hogan. Intorno alla midcompany, società cuscinetto tra la vecchia e la nuova Alitalia, dove Caio intende versare i soldi, gravano ancora alcune problematiche tecniche e fiscali irrisolte. Ieri durante il vertice è stato ribadito da parte degli azionisti di Cai che, se per ragioni «indipendenti e non ascrivibili ai soci» la soluzione della midcompany non fosse praticabile, a Poste non resterebbe che impegnare i soldi nella cosidetta oldcompany , la vecchia Alitalia. Un'eventualità che Caio ha già escluso, sebbene risolutiva poiché individuerebbe immediatamente le risorse per portare l'aumento di capitale complessivo a quota 300 milioni. In caso contrario ai 224 milioni già sul piatto andranno aggiunti altri 76 milioni, a meno che Etihad non consideri l'esborso fatto in questo modo, comunque soddisfacente. Non so quanti risparmi porterà il ddl delega di riforma della P.a. e sono contenta di non saperlo.

Le prossime ore sono, insomma, cruciali per capire se uno sforzo ulteriore dei soci e un prestito ponte di alcune decine di milioni di euro potranno traghettare Alitalia nella braccia di Etihad. Oggi Del Torchio risponderà alla lettera di Hogan formulando indicazioni il più possibile esaustive su temi come liquidità necessaria al closing , pace sociale con i sindacati, ruolo della midcompany, contenziosi con Carlo Toto e eventuali reclami contro aiuti di Stato. Il governo da parte sua prova a presidiare una partita oltre i supplementari. La nota di Palazzo Chigi ieri suonava un po' di circostanza: «Si è trattato di un incontro proficuo, che consentirà in brevissimo tempo alla compagnia italiana di formulare una risposta all'ultima lettera di Etihad, in modo da giungere al più presto ad un esito positivo».

La vicenda

L'offerta

La compagnia degli Emirati scopre le carte

Il 25 giugno si concretizza l'offerta di Etihad pronta a investire 560 milioni per il 49% di una newco in cui scorporare le attività di volo, lasciando alla vecchia Alitalia l'eredità del passato. Ma James Hogan mette due paletti: ci sono 2.200 dipendenti di troppo e le banche Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps e Popolare di Sondrio devono tagliare drasticamente i crediti convertendone i due terzi in capitale e cancellando il resto. Il 13 luglio arriva l'accordo sindacale, senza la Cgil, per la gestione degli esuberi

Vecchi capitoli

L'impegno di Poste per l'aumento

Le banche trovano un accordo per ripartirsi i sacrifici, con la mediazione di Palazzo Chigi. Ma occorre coprire anche il rischio di oneri fiscali e contenziosi pregressi e la cassa che Alitalia brucerà nel 2014. Il 25 luglio l'assemblea dei soci presieduta da Roberto Colaninno approva il bilancio con un rosso di 596 milioni e un aumento di capitale di 250 milioni soto forma di equity committment. Ma scoppia la questione delle Poste, cioè la quota pubblica del 20%, che in Alitalia hanno già bruciato 75 milioni

Il negoziato

Spunta la «midco» per far restare Caio in partita

Francesco Caio, a capo delle Poste che devono prepararsi per la Borsa, non vuole mettere altri soldi nella Cai-Alitalia. E' pronto a investire 65 milioni ma solo in una midco intermedia. In pratica aprirà il portafogli solo alle stesse condizioni a cui entra Etihad in una compagnia ripulita di debiti e pendenze. Il fronte con gli altri soci rischia ogni giorno spaccature, fino a delineare un compromesso. Da Abu Dhabi arriva una lettera: resta poco tempo per risolvere i nodi aperti. - Fonte: Corriere della Sera (di Andrea Ducci)