Alitalia-Etihad all ultima trattativa
L'incontro con James Hogan è fissato ufficialmente per oggi, ma già ieri ci sono stati contatti e riunioni telefoniche tra Roma, Milano e Abu Dhabi, dove la temperatura prevista oggi è di 34 gradi. I contatti di ieri, secondo una fonte autorevole, hanno confermato che permangono difficoltà per l'atteggiamento delle banche, alle quali il piano di Etihad per investire nella compagnia richiede un sacrificio di 400 milioni di crediti verso Alitalia (che ha circa un miliardo di debiti finanziari complessivi): i crediti dovrebbero essere cancellati o convertiti in azioni di Alitalia.
La banca più esposta è Intesa Sanpaolo, per circa 280 milioni, inoltre la banca già guidata da Corrado Passera (protagonista dell'operazione Cai nel 2008 voluta da Silvio Berlusconi ) è il primo azionista con il 20,59 per cento. Nelle ultime ore, secondo quanto trapelato, i problemi sarebbero sorti per la resistenza di Unicredit, la banca entrata in Alitalia con l'aumento di capitale concluso in dicembre, ha il 12,99 per cento. Unicredit, secondo indiscrezioni, vanta crediti per 140 milioni su operazioni di factoring, anticipazioni di pagamenti contro fatture, e non è disposta a vederseli decurtare come gli altri debiti contestati da Etihad. L'a.d. di Unicredit, Federico Ghizzoni, ieri ha detto: «Ci sono stati incontri costruttivi e c'è una proposta che l'a.d. di Alitalia porterà ad Etihad. Vedremo le loro reazioni». «Ognuna delle banche ha propri interessi ma la proposta è condivisa da tutti», ha aggiunto, alla domanda se sia ottimista ha risposto: «Vengono portate proposte concrete, ottimista di natura non sono».
Il problema resta il debito. Si scontra con questo ostacolo anche la proposta, emersa negli ultimi giorni, di creare una nuova società, una «new company» Alitalia con tutte le attività operative, i dipendenti, la flotta e i preziosi slot aeroportuali. Di questa nuova società Etihad diventerebbe azionista al 40%, o al massimo 49%, sottoscrivendo un aumento di capitale fino a 550 milioni. La «new company», che sarebbe controllata dall'attuale Alitalia-Cai con una quota tra il 51% e il 60%, non erediterebbe il contenzioso né le pendenze legali e fiscali accumulate in cinque anni dalla Cai, ci sono controversie con WindJet, Carlo Toto e altri per almeno 400 milioni: tutto questo resterebbe nell'Alitalia-Cai, così verrebbe accolta la richiesta di Hogan di non accollarsi alcun rischio del passato.
Più difficile risolvere il problema del debito. Il governo, che segue l'operazione anche perché le Poste sono azioniste di Alitalia con il 19,48%, non vuole che, nell'ipotesi di creazione di una nuova compagnia, il debito rifiutato da Hogan rimanga nella Cai. Il governo teme che questa diventi una bad company e lo Stato sia chiamato a coprire i buchi, come accadde nel 2008 con l'operazione voluta da Berlusconi con la quale fu messa in liquidazione la vecchia Alitalia e la polpa ceduta a condizioni di favore alla Cai di Colaninno, Intesa e soci.
Il piano «new company» prevede che una parte del debito possa rimanere nella Cai, ma solo l'importo compatibile con il valore della partecipazione azionaria nella nuova Alitalia, che potrebbe essere ripagato in base alle prospettive reddituali della società. La posizione del governo è che il debito considerato da Hogan in eccesso o da tagliare debba essere cancellato o convertito in capitale, ma non lasciato nella Cai. Per superare lo stallo si chiederà anche a Etihad di ridimensionare le pretese, cioè di accettare un taglio del debito inferiore ai 400 milioni.
L'altro punto importante è la riduzione del personale. Hogan avrebbe indicato esuberi secchi fino a 2.600 dipendenti, che potrebbero diminuire sotto i 2mila per la disponibilità di Etihad ad assumere piloti per i suoi voli (ma dovrebero trasferirsi ad Abu Dhabi). Hogan vuole che il tema esuberi venga risolto prima dell'ingresso azionario di Etihad. Oggi ci sarà anche un incontro a Roma tra Alitalia e sindacati sui tagli al costo del lavoro chiesti al personale di terra. La sensazione è che la partita non sia vicina a una soluzione. - Fonte: Il Sole 24 Ore (di Gianni Dragoni)