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Agenzie di rating nel mirino. «Se la Grande Bellezza vale»

Agenzie di rating nel mirino. «Se la Grande Bellezza vale»

07 Febbraio 2014

Secondo quanto scrive il quotidiano britannico nell'atto di citazione ricevuto da Standard & Poor's, i magistrati contabili avrebbero sottolineato l'errore fatto dalle agenzie nel non tenere conto dell'«alto valore del patrimonio storico, culturale e artistico del nostro paese che universalmente riconosciuto rappresenta la base della sua forza economica». Come dire, va bene i conti e l'andamento dell'economia, ma l'Italia ha un asset che nessun Paese al mondo ha, un patrimonio che conta, che fa economia, business, attira milioni di visitatori. Il più grande tesoro al mondo, volete mettere? Così le famigerate e potentissime agenzie di rating, che spesso in maniera scomposta e non certo disinteressata sono intervenute con i loro giudizi in fasi piuttosto delicate della crisi, condizionando i mercati, finiscono nuovamente nell'occhio del ciclone.

Nel novembre 2012 la Procura della Repubblica di Trani aveva già chiesto il rinvio a giudizio (l'udienza preliminare è ancora in corso) con l'ipotesi di reato di manipolazione del mercato continuata e pluriaggravata di S&P's e di Fitch (chiesta l'archiviazione invece per Moody's). In quella occasione i magistrati pugliesi avevano comunicato che la Corte dei conti stimava in 120 miliardi di euro il danno erariale provocato dalle manipolazioni di mercato cagionate dalle agenzie di rating. Un anno fa, per l'apertura dell'anno giudiziario, De Dominicis aveva parlato di una inchiesta aperta su «presunte responsabilità erariali a causa degli effetti consequenziali discendenti dai giudizi di rating reputati ingiusti, errati ed, altresì, inattendibili». Oggi la notizia si manifesta nella sua evidenza. E non basta la nota dell'ufficio stampa della Corte dei Conti a smorzare eventuali polemiche: «L'azione è solo in fase istruttoria e potrebbe dunque concludersi anche con archiviazione».

La notizia rimbalza prepotentemente sul dibattito politico. I deputati del Partito democratico Michele Anzaldi, Luigi Bobba, Lorenza Bonaccorsi, Federico Gelli, Ernesto Magorno temono che si tratti solo «di un'inchiesta show che rischia di danneggiare l'immagine dell'Italia a livello internazionale», e chiedono chiarimenti. In casa Pd, la pensa diversamente Ermete Realacci: «Non so se abbia chance di successo, ma mi pare giusto anche dal punto di vista culturale il ricorso della Corte dei Conti contro le agenzie di rating per la sottovalutazione dell'Italia». Non sembra essere preoccupato il ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni: «Non faccio commenti diretti. Ma ho sempre trovato che il ruolo delle agenzie di rating come valutatore del rischio di un paese fosse eccessivo e credo che la nostra azione, sia al Governo che come Banca d'Italia, è stata quella di chiarire che non c'è solo il giudizio delle agenzie». Secondo il ministro contano di più «il rendimento dei titoli di Stato che sta scendendo a livelli molto bassi» e «le nostre attività di privatizzazione e di apertura del mercato». Per gli ermellini non si può non considerare anche la grande bellezza dell'Italia. «Il valore del patrimonio storico, culturale, artistico e paesaggistico dell'Italia è indubbio - entra così nel dibattito il ministro dei Beni e delle attività culturali e del Turismo, Massimo Bray -. A fronte di questa ricchezza emergono enormi potenzialità di crescita che dobbiamo saper valorizzare al meglio. La scelta del governo di unire la governance dei beni culturali con il turismo è lungimirante e vincente». Ancora non ha permesso di conquistare qualche upgrade da parte delle agenzie, né in realtà dal punto di vista turistico, visto che la "grande bellezza" del nostro Paese, appare piuttosto decadente. Ma questo è un altro discorso. Non certo di finanza internazionale. O forse sì. - Fonte: Avvenire